E io francamente m'arrazzo.


Non voglio ripercorrere la vicenda di Marrazzo, delle sue ingenuità, della sua irresponsabilità, delle sue bugie, così come non mi interessa commentare le azioni di quella associazione a delinquere costituita dai media del premier: tutto questo non è che l'aspetto postribolare e ricattatorio di una classe dirigente fallimentare. L'aspetto drammatico è il fallimento del Paese, della sua democrazia e della sua economia. Niente trans dunque, ma la storia di Marrazzo è un filo d'Arianna che si snoda lungo trentanni, l'aneddoto che illumina il volto di una elite nata e cresciuta in una culla di privilegi e di immunità sostanziali, mai davvero sfiorata dalla gara del merito e che ha finito per trasformare in etica e politica le proprie franchigie.
E dunque Marrazzo, figlio di un grande giornalista della Rai fa le sue esperienze politiche in un universo socialista già bettineggiante, già privo di idee ma pieno di buoni ristoranti e conventicole segrete. Poi grazie al padre e alle sue tutele politiche rampanti entra nella tv pubblica dalla porta principale, con il tappeto rosso srotolato, con una carriera già incipiente, abbozzata sulla carta della lottizzazione. Ci pensa infatti Minoli a lanciarlo sul piano nazionale. Ma forse come giornalista d'inchiesta non è poi così folgorante, tuttavia questo non può turbare un enfant gaté con molte protezioni, molti padrini espliciti o nascosti e così naviga di bolina anche dopo la caduta di Craxi: dopotutto con Berlusconi gli uomini di area socialista non di primo piano sono forse ancor più protetti e tutelati. E così il nostro passa dai Tg, per approdare infine a "Mi manda Rai Tre", dove può fare il paladino dei deboli e soprattutto acquisire una grande visibilità. Naturalmente è solo un conduttore, il lavoro vero lo fanno le redazioni, lui deve fare solo l'indignato speciale, ma tanto basta perché alla fine l'Unione lo candidi alla presidenza della Regione Lazio. Tutto molto facile, così facile che Marrazzo ha continuato a coltivare le sue inclinazioni segrete, come se fosse solo un privato cittadino, a distribuire soldi alle bellocce con epica appendice, andando con la macchina di servizio in cerca di avventure facili quanto costose, senza nemmeno sospettare il significato del suo ruolo o il pericolo a cui si esponeva. E alla fine pur sapendo cosa girava sul suo conto ha persino accettato la candidatura per la rielezione, come se fosse vittima di una trance, come se il mondo reale in cui è improvvisamente piombato non potesse essere vero.
Ed è quello che l'insieme della classe dirigente italiana, a cominciare da Silvio, prova in queste settimane e proverà ancora di più nei prossimi mesi: l'incredulità di fronte allo sfaldamento progressivo del mondo che ha costruito e in cui è stata la specie predatrice. Guardate Marrazzo nelle ultime interviste: il suo smarrimento è quello dell'intero Paese.


Alberto Capece Minutolo