Il superindice e i superbugiardi


Nel vaso di Pandora italiano c'è anche una caratteristica che ormai ha assunto una dimensione mefitica e pervasiva: l'ottimismo della presa per il sedere. Ne abbiamo subito una zaffata proprio in questi giorni, quando i dati del superindice Ocse di settembre che ci danno in crescita, hanno dato fiato alle trombe di Silvio e del suo ministro del tesoro. Il primo, trattando gli italiani come se fossero delle escort a cui si può dire di tutto, fantastica del nostro sesto posto fra le economie mondiali, il secondo delira di "tempo galatuomo", mentre forse a noi interesserebbe sapere se è lui, il ministro, un galantuomo.
Ora bisogna dire due cose: il superindice Ocse è semplicemente una previsione di massima fatta estrapolando i dati e spalmandoli sui mesi successivi. Se andate a cento all'ora l'Ocse supporrà che lo facciate per tutto il prossimo anno, il che è molto dubbio. E del resto basta vedere la successione degli indici ballerini negli ultimi due anni, per accorgersi che si tratta di indicatori poco fedeli. La seconda cosa è che il superindice serve soltanto come un barometro: vi dice se la pressione tende a salire o a scendere, ma non vi dirà se ci sarà sole o pioggia e vento, né per quanto tempo questo accadrà. Gli indicatori sono infatti molti (10 principali e 11 secondari) che vanno dal prezo delle azioni, alla fiducia del pubblico, agli ordinativi, ai nuovi cantieri edilizi, alle ore medie lavorate, ai sussidi di disoccupazione e via dicendo. Un mix o probabilmente un pasticcio che può funzionare in qualche modo in una situazione stabile, ma che diventa del tutto inservibile in una situazione eccezionale come quella che attraversiamo. Per di più spesso alcuni di questi dati non sono omogenei tra Paese e Paese, non coprono lo stesso arco di tempo e sono fortemente influenzabili da fattori che in che non hanno alcun rapporto vero con l'economia.
Come se questo non bastasse l'Italia con il suo frammentato sistema produttivo, con la poca concretezza e velocità dei dati, con le sue prassi e pratiche così spesso diverse da quelle del resto d'Europa, fa da pantografo all'alea già di per sé costituita da questa econometria un po' bizzarra del superindice. Tanto per fare un esempio la disoccupazione da noi non è quantificabile come altrove perché molte persone non si iscrivono nemmeno alle liste di collocamento o per sfiducia o perché la chiamata al lavoro segue strade familistiche, di clan o di clientela. Oppure l'andamento del mercato azionario in una borsa bonsai come la nostra è molto meno significativa rispetto a quello di altre vere potenze economiche.
Quindi sono sicuro che il tempo sarà galantuomo e svelerà come poco lo siano quelli che oggi lo citano.


Alberto Capece Minutolo