Piazza Farnese, ieri mattina.

Alcune immagini.

Una bella ragazza passeggia per la piazza issando un cartello con su scritto: Io voglio essere intercettata. Da indurre al pensiero: questa non solo rifiuta la paterna, berlusconiana scorta armata, ma pure invoca e sfida, orgogliosamente e contro colui, di essere intercettata. Quando si dice una grande capacità di andare contro tendenza… 

Un giovane e purissimo cane husky, accovacciato accanto ai miei piedi, a ogni applauso drizza attento un orecchio, socchiude le palpebre, lancia uno sguardo intorno, commenta con un brontolio di soddisfazione, e poi si rituffa nel suo torpore beato. A fargli complimenti e carezze, che lui riceve con una certa degnazione, sono una processione. Ce ne fosse qualcuno che si avvicini e rivolga parola a un bimbetto che gioca da solo per terra lì accanto ai mostriciattoli e ai soldatini… Ma si sa, una carezza a un cane è gratificante e per nulla impegnativa, quella a un bambino può invece essere letta come torbida e ambigua… Meglio evitare. E così finisce che le carezze se le beccano tutte i cani.

Le irrefrenabili risate di tutti, alle battute di Beppe Grillo, anche di signori anziani fino ad allora silenziosi e compassati. Le uscite di Grillo sono sempre così inaspettate e taglienti (“Questo governo è riuscito perfino a corrompere la mafia… ”), da suscitare un’allegria stupefatta e incontinente, infantile e ribalda. E questo la dice lunga, paradossalmente, di quanto poco oramai in questo Paese si rida di getto, irrefrenabilmente. E di quanto invece depressione e disperazione la fanno da padrone. 

Qualche frase memorabile.   

Beppe Grillo. “Con l’arrivo di Obama alla presidenza degli USA, cosa che nessuno aveva immaginato e previsto, questo nostro Paese, già così poco avanzato e moderno, così goffamente in ritardo e obsoleto, è come fosse all’istante invecchiato di altri cento anni...”

“Obama fa sul serio, ora avvia il processo di sostituzione dell’energia ricavata da petrolio e carbone con quella da risorse non inquinanti, naturali, rinnovabili. (Pausa) Cribbio, è da dieci anni che io lo vado predicando. (Pausa) Obama mi ha copiato!” .

Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il magistrato massacrato nella strage del 1992, grida dal palco: “Davanti a quello che restava della salma di mio fratello, per consolarmi io mi dissi allora che la sua morte avrebbe avuto un senso se avesse impedito all’Italia di precipitare nel baratro. Oggi, a tanti anni di distanza, io sono costretto a prendere atto che in quel baratro l’Italia è caduta, e la morte di mio fratello non ha quindi avuto alcun senso.”

In Piazza Farnese, malgrado il giorno feriale e la mattinata piuttosto fredda, a partecipare alla manifestazione indetta dai famigliari delle vittime di mafia a difesa dei magistrati coraggiosi, e per questo oggi puniti (che è un altro modo di ucciderli), siamo presenti intorno ai duemila. Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, ucciso a causa della serietà, rigore e completezza con cui svolgeva il suo lavoro di cronaca e denuncia, dichiara di provare vergogna per la casuale omonimia con il cognome dell’attuale Ministro di Giustizia. Molti altri sono i parenti delle vittime che sfilano sul palco, a portare la loro testimonianza, a gridare il loro dolore.

Ma è bene dire subito ciò che questa mattina in Piazza Farnese in diversi interventi - quelli di Salvatore Borsellino e Marco Travaglio sopra tutti - è stato esplicitamente sostenuto. E cioè che questa nostra Seconda Repubblica, inizialmente nata dal relativo e parziale repulisti provocato dai giudici di Mani Pulite, altro non è, dopo le stragi degli anni ’92, ’93 e ’94, che il frutto e il risultato delle manovre di una occulta cabina di regia diretta proprio da chi quelle stragi ha commissionato e concordato, o ha comunque gestito, mediando, contrattando e ottenendone i frutti. Un risultato di rinnovamento reale, dopo gli anni di spregiudicata e corrotta gestione craxiana del potere, è stato impedito da un accordo tra mafia e pezzi dei vertici delle istituzioni dello Stato, coadiuvati e assistiti dai poteri forti massonico-affaristici, con la consulenza tecnica di servizi segreti. Perché in questo Paese, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, è sempre esistito uno Stato a due livelli, uno esplicito e pubblico, ufficiale e dimidiato, l’altro nascosto e segreto, sciolto da ogni regola e vincolo se non quello di impedire alle sinistre di conquistare il potere e andare al governo.  E nei primi anni Novanta, questo Stato nascosto e pur tuttavia potentemente condizionante e attivo, pur di mantenere intatta la sua missione, pur di impedire il suo smascheramento e tracollo, e malgrado la caduta nell ’89 del muro di Berlino, ha cercato un accordo, ha sottoscritto dei patti, si è alleato con la mafia. Questa è rappresentazione dell’enormità di un fatto del quale ciascuno è perfettamente in grado di intendere la gravità. Dimenticavo di aggiungere: chi non è stato parte complice e attiva in questo gioco sporco e tragicamente cruento, cioè la sinistra, non ha comunque ed evidentemente saputo efficacemente opporsi, non ha saputo impedirlo, non ha gridato e denunciato, ne è uscita sconfitta. Confermando e regalando, in più, il monopolio della televisione commerciale privata a un simile soggetto.

Non solo. Anche alcuni degli esponenti dello schieramento politico avverso a quello messo in piedi e aggregato intorno a Forza Italia,  attualmente in parte ancora ai vertici delle istituzioni – ad esempio Mancino, ai tempi delle stragi mafiose Ministro dell’Interno, oggi  vice presidente del CSM, così pronto a castigare magistrati come De Magistris e tutti coloro che come lui si avvicinano troppo ai retroscena di quelle stragi – a quel patto politico criminale hanno partecipato, o hanno avallato, o hanno saputo e taciuto. Questo è stato sostenuto ieri mattina in alcuni degli interventi a Piazza Farnese, in Roma. Salvatore Borsellino, ad esempio, ha ricordato che il Castello dell’Utveggio, ubicato sul Monte Pellegrino che sovrasta Palermo, e in posizione dominante Via d’Amelio deve è avvenuta la strage di Paolo Borsellino e della sua scorta, ospitava allora una sede del Sisde, il servizio segreto militare. Ed è stato Gioacchino Genchi, con la sua già allora alta professionalità e capacità nelle indagini, e su mandato dei magistrati inquirenti, a scoprire che proprio da quella sede sono partite subito prima e subito dopo la strage, alcune telefonate. Sarà un caso che dopo poche decine di secondi Bruno Contrada, poliziotto infedele di cui Borsellino non si fidava affatto, e in seguito condannato a dieci anni di carcere per riconosciuta complicità e collaborazione con la mafia, è stato individuato e ripreso mentre si aggirava tra le carcasse delle automobili fatte saltare in Via D’Amelio? E che un altro ufficiale dei carabinieri abbia destramente sottratto l’agenda rossa cui Paolo Borsellino teneva moltissimo, e dove annotava i suoi appunti più riservati?   

Non bastasse lo stato di catastrofe politico-morale ed economico-materiale in cui ci troviamo, ora (certo felicemente, ma piuttosto inaspettatamente) è arrivato Barack Obama, il che ci rende istantaneamente del tutto e definitivamente – e, per certi aspetti, meno male! - superati, anacronistici, definitivamente obsoleti.  

E di Beppe Grillo, che dire? Che a sentirlo parlare regala sempre un grande senso di sollievo, un empito di liberazione come raramente succede. Trattasi di comico vero, ma anche del tutto improprio, perché in realtà, per le cose che coraggiosamente e da anni dice, è un vero leader politico, costretto a fare il comico per mancanza di agibilità, oggi in Italia, di leader politici veri. Così come, d’altra parte, a conferma e riprova abbiamo un sedicente leader politico che non solo assomma un enorme potere mediatico/affaristico, ma che per indole e natura ha il talento dell’intrattenitore mediocre di ospiti annoiati su una nave da crociera. E, non bastasse, pur di difendere e mantenere il suo potere, è sempre stato disposto a tutto senza rinculare di fronte a nulla. I suoi consiglieri preferiti  sono due personaggi condannati con sentenza definitiva: uno è Dell’Utri, l’altro Previti, agli arresti domiciliari dentro un attico che affaccia proprio su Piazza Farnese  - e quindi ieri mattina a portata di pernacchie e sberleffi di Grillo e di noi presenti in piazza.

Ma sopra tutti, a saper chiarire, sdipanare e argomentare con efficacia strepitosa fatti e misfatti di una politica caotica e così spesso malavitosa, è Marco Travaglio. Senza ricorrere mai a mezzucci plateali, a toni enfatici o a figure retoriche, senza caricare di troppo soggettivo ed emotivo suo, le sue parole tecnicamente adeguate accompagnano i fatti a dispiegare pienamente il loro senso. Di suo, Travaglio aggiunge ogni tanto l’inarcarsi di un sopracciglio, l’improvviso spalancarsi degli occhi a uno stupore che proprio non può essere oltre trattenuto. Francamente io lo ritengo uno dei protagonisti emblematici nella partita dell’informazione/comunicazione di questi tempi, l’esempio di un modo corretto, completo, efficace di porre la propria passione, la propria coltivata intelligenza e sperimentata professionalità al servizio di una laicamente irrinunciabile idea di giustizia e verità. Vi sono anche altri giornalisti, intellettuali, professionisti della parola parlata, stampata, televisiva o elettronica capaci e degni di stima. Travaglio aggiunge di suo, nell’adempimento del compito, un’aura di sacralità laica, di celebrazione quasi sacerdotale del culto della precisione al servizio dei valori di pulizia e civiltà: il che, in questa nostra tristissima epoca, di questi nostri difficili tempi, lo rendono effettivamente prezioso. Che qualche dio ce lo conservi a lungo! 

(Ma dice: è dipietrista, legalista, uomo d’ordine e di destra! Il punto è che Travaglio non è al servizio di un partito, una fazione, una lobby, un padrone. Ha scelto in bella evidenza di assumere come proprio orizzonte di riferimento la difesa dei principi e dei valori della Costituzione. Ma seriamente, per davvero e fino in fondo. E questo, in un Paese di machiavellici furbastri, di cattolici reazionari muffiti, di corporazioni affaristiche e lobbies massoniche, di vecchi marxisti dogmatici e di post leninisti autoreferenziali e narcisisti, è l’esempio che dovrebbe essere apprezzato e condiviso. Se a Marco Travaglio - per il rigore, la schiena diritta e la denuncia implacabile della corruzione e del malaffare - può essere attribuita qualche ascendenza, io la indicherei nella scuola “azionista” dei Ferruccio Parri ed Ernesto Rossi. Ovviamente, che lui oggi appaia  gigante dipende molto anche dalla pochezza della professione giornalistica in circolazione, dalla diffusa e penosa miseria di chi preferisce consegnarsi a un padrone, mettendosi il guinzaglio da solo prima ancora di sentire il fischio e il richiamo all’ordine. Così, forse per provare sulla sua pelle, almeno una volta nella vita, il brivido della sindrome di Stoccolma.)


Gian Carlo Marchesini