Cinque sogni
Sono convocato per un incontro/spiegazione in quel di Favara, che è cittadina poco lontana da Agrigento dove io quarant'anni fa facevo lavoro politico rivoluzionario. L'assemblea si svolge in una chiesa valdese molto affollata. A convocarla sono stati Marianna e gli altri del gruppo editoriale di Praia. La riunione inizia, e si rivela essere un pubblico processo nei miei confronti. Perchè non voglio più fare con loro il libro? Io mi destreggio con il pathos delle promesse e dei paroloni, ma quelli fanno sul serio, reclamano chiarimenti e spiegazioni, e per me è veramente dura.
Sono nel palazzo Legacoop di Roma, affollato di un sacco di gente. C'è Gaetano, euromanager elegantissimo, che intreccia con nonchalance incontri e relazioni. Fascinoso e brillante, tratta progetti, affari e licenziamenti con grande disinvoltura ed efficienza. Arriva anche sua moglie Renata, confabulano complici scoppiando in grandi risate. Io assisto inerte e silenzioso, invisibile come uno spettro. Arriva anche l'amica comune Franca, la abbraccio frettoloso perché al telefono mi sta parlando Cecilia, mia moglie e compagna. La scena è un grande intreccio di incontri, amicizie, battute, appuntamenti di lavoro di cui io sono testimone pensoso. Nella processione e nei traffici, nel grande miscuglio di persone ed eventi, in un angolo io osservo partecipe ma nello stesso tempo estraneo e isolato.
Giro per Roma in grande libertà, mi guardo intorno con occhi lucenti e nuovi, contemplo incantato ragazze bellissime. Alla stazione con mio fratello Enrico, acquisto un biglietto del treno, ma scopro che è solo per me. E poi mi tuffo nel mare che è proprio li' accanto, e so nuotare benissimo. Ascolto conversazioni al bar in cui si dice che il governo non sa governare, e l'opposizione non fa l'opposizione. Fuori, in un angolo della piazza, è schierata la polizia in attesa dell'ennesimo corteo. Ma io sono felice perché ci sono in giro bellissime ragazze, a Roma c'è il mare, e io - miracolo! - so nuotare.
Dal bigliettaio di un autobus, che è anche un bazar circolante, acquisto grappoli d'uva e una grande quantità di frappe più quaderni e penne per i ragazzi di un quartiere popolare. Arrivato nel vicolo prescelto mi faccio aiutare da alcuni di loro a sistemare il tutto su un banchetto improvvisato, sopra il quale dispongo in bella mostra la mia mercanzia. C'é intorno un gran via vai di macchine e persone, io mi sbraccio per invitare i ragazzi ad approfittare delle leccornie. Ma alla fine i miei doni rimangono inutilmente esposti, tutti sono troppo presi dalle loro occupazioni, in piazza i ragazzi giocano al pallone e io mi siedo abbattuto in un angolo a osservare.
Direi che siamo tra la baraonda del circo di 8 e mezzo di Fellini e l'Angelo della Storia di Benjamin, che gira il capo e contempla affascinato e inorridito la scia di polvere e macerie alle sue spalle. Cosa fare, e come, per dare un qualche ordine sensato al proprio vivere? Io, nel dubbio, sogno.
Ma ora che sono sveglio e mi ritrovo immerso nei boschi odorosi sulle colline che scendono dolci verso il mare della Costa Azzurra, usciro' sul prato davanti casa con Clara, Camilla e Vladimir, figli di Angela e miei nipoti di uno e mezzo e quattro anni, e ci scateneremo in capriole, risate e grida selvagge, e rotoleremo sull'erba e mi faro' travolgere e calpestare dal vortice dei loro piedini fatati, spremendo di me il poco di buono che è rimasto. E questo è il quinto e migliore dei sogni.
Gian Carlo Marchesini