A un cerbiatto somiglia il mio amore,  di David Grossman.  

Qualche osservazione ulteriore e aggiuntiva.

Quando i bambini scoprono quanto è inaspettatamente ingiusto, brutto e crudele il mondo. E il male non è soltanto fuori e intorno, ma anche dentro il cerchio apparentemente perfetto e protettivo della propria famiglia.  (L’orrore per la scoperta che la carne portata in tavola è il risultato dell’uccisione sistematica e cruenta di animali pacifici e inermi… “E voi accettate e partecipate! Ma allora finora mi avete fatto credere e mentito! E potreste essere veramente capaci di tutto e del peggio!”). E i bambini reagiscono choccati, con incredulità e collera, convulsioni e febbre altissima; ed elaborano le loro strategie di sopravvivenza, i loro rituali di sottrazione, riparo e scongiuro. (Ofer, di nove anni, che aiuta il fratello maggiore Adam, di 13, a uscire dal labirinto infestante dei tic compulsivi chiedendo e pretendendo di partecipare attivamente per farsene carico: all’inizio di uno, poi di una parte piccola e minoritaria, poi via via più grande e infine assumendoli in proprio tutti. Agendo così sulla base di un gioco che è anche l’unico principio sano e vitale che noi umani abbiamo a disposizione in presenza e a contatto del dilagare del male: e cioè farci solidalmente carico di una parte e di un pezzo del problema, ciascuno concretamente partecipe e attivo). 

Grossman rivolge sulla scena delle gesta famigliari, sugli intrecci di dinamiche fitte e complesse, dei suoi picchi sublimi e dei terribili abissi, uno sguardo da Adamo primordiale, vergine e puro, analitico ed esaustivo. Ne sviscera ogni dettaglio e aspetto, con una profondità e leggerezza che lasciano stupefatti. E induce a riflettere e a chiedersi: in una foresta così torta e ramificata e avvolgente, così assediante e nello stesso tempo necessaria, chi insegna il mestiere di genitore, di figlio e figlia, di fratello e sorella?  Chi offre una qualche bussola  per orientarsi  tra equivoci e malintesi, tra attese e delusioni, fantasmi e proiezioni, tra odii mortali e rapinose attrazioni,  per trovare una mai definitivamente stabile misura di equilibrio, di accettabile compromesso? 

(E però: come mai tutta questa straordinaria conoscenza e sapienza, che evidentemente arriva a Grossman da un accumulo di esperienza che solo un popolo così coeso e di lunga durata poteva produrre, non ha evitato a quello stesso popolo le peggiori offese e persecuzioni, e ancora oggi si ritrova guidato da un gruppo dirigente oltranzista, inadeguato e incapace di perseguire i suoi legittimi fini con le necessarie mediazioni e compromessi?)

La seconda parte del libro è imperniata sulla scelta di Orah, la protagonista che, non riuscendo più a restare chiusa in casa in attesa di eventi che potrebbero rivelarsi tragici, decide di compiere un lungo viaggio a piedi accompagnata da Avram, suo grande amico e padre di uno dei suoi figli.  La camminata per chilometri e chilometri quotidianamente percorsi serve di binario e stimolo per dare il necessario e incessante dinamismo ai pensieri, alle riflessioni, agli scambi e alle osservazioni, al continuo flusso di emozioni magistralmente raccontate. E il variare dei paesaggi, la descrizione meticolosa e sapiente del mondo vegetale, animale e minerale che via via scorre e scompare dinanzi ai loro occhi, è così vivida e concreta, che a noi che leggiamo sorge e progressivamente si irrobustisce la smania di allestire sveltamente uno zaino e metterci anche noi in cammino per giorni e settimane insieme ai protagonisti.  

La lettura di questo libro continua ad essere per me una esperienza intellettuale ed emotiva affascinante, un vero e proprio viaggio sapienziale dentro il mondo e dentro noi stessi. Le cose che si leggono sull’esperienza dello stare dentro e del fare insieme famiglia, malgrado tutto quello che al proposito è stato detto da molti e sempre e dovunque, appaiono come dette per la prima volta, dette comunque in modo tale da apparire nuove di zecca. Viene da pensare che un tale libro dovrebbe essere proposto in lettura in classe da tutti gli insegnanti dei licei, perché libro necessario a compiere il viaggio di iniziazione e formazione alle cose fondamentali del vivere umano. 

Gian Carlo Marchesini