Vincere

Marco Bellocchio ha realizzato un’opera cinematografica a mio giudizio portentosa. Ha preso la biografia di una donna storicamente pressoché sconosciuta, Ida Dalser, di professione sarta, che si innamora e si dà completamente al giovane sindacalista e socialista  Benito Mussolini. Gli si dona al punto da vendere tutti i suoi beni – la casa, la sartoria, gli ori e i gioielli – perché lui possa, cacciato dall’Avanti perché guerrafondaio e interventista, fondare un proprio giornale. Gli genera un figlio, si sposa con rito civile all’allora semisconosciuto futuro Duce. Poi scopre che Benito ha un’altra moglie, Rachele, che ha a sua volta avuto da Mussolini un figlio, e da allora, man mano che Mussolini procede nella scalata al potere lei, Ida Dalser e il figlio vengono emarginati, esclusi, cancellati, rinchiusi in manicomio dove resteranno fino alla morte. Tra Ida e Rachele, Mussolini sceglie Rachele perché Ida è troppo appassionatamente libera, non si accontenta del ruolo separato e scisso di amante segreta o sottomessa sposa, perciò ai fini di conquista del potere giudicata pericolosa. Rachele incarna invece il modello di perfetta sposa fascista: madre e sposa dedita ai figli e alla casa, subalterna, muta e sottomessa.

Ebbene, Bellocchio assume le vicende di Ida Dalser e di suo figlio, il loro sguardo, il loro punto di vista, il coraggio, l’integrità morale e la fierezza della donna innamorata e crudelmente rifiutata, per farne l’eroina credibile di una opera lirica, di un melò epico, di una fiammeggiante tragedia greca. Non solo. Bellocchio compie una seconda operazione strepitosa: il racconto della tragedia di un’eroina indomita diventa anche il vaglio storico e politico per smascherare la natura bestiale e violenta del fascismo, la sua tronfia miseria. Basterebbe al proposito la visione dei pochi minuti di  documentario che mostra il discorso di Mussolini dal balcone di Piazza Venezia, e l’imitazione caricaturale strepitosa che ne fa Filippo Timi.   Marco Bellocchio racconta con adesione commossa e trasfigurazione poetica visionaria la storia drammatica di una donna che non accetta di essere rifiutata dall’uomo cui ha dato tutta se stessa e un figlio, e narrando la tragedia di una reclusa a vita in manicomio racconta in realtà la tragedia di un uomo, di un popolo, di un paese che si sono lasciati tentare e travolgere da un delirio di onnipotenza, dalla scelta della guerra come “igiene necessaria”, dal miraggio tonitruante e fatuo del voler VINCERE a ogni costo: calpestando la vita dei più deboli, producendo disastri e tragedie.

Vincere è un film girato in stato di grazia da cui si è catturati come in un fiammeggiante vortice. Gli attori, Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno, appaiono così perfetti e immedesimati nella parte da uscirne trasfigurati. Marco Bellocchio è un grande. Che un rapporto così vitale con il cinema  ce lo conservi  ancora a lungo.

Gian Carlo Marchesini