Facce

della principale Famiglia Italiana

osservate in una foto di gruppo.


 Facce indurite dallo sforzo immane di un continuo fingere,

allenate a una recita per la quale serve grande destrezza

nel cambio costante di maschera.

Facce stucchevoli nel loro esibito cliché

di superiorità che poggia

sul vuoto e sul nulla.

Facce sprezzanti e boriose

che a malapena fingono una derisoria bonomia.

Facce di briganti abituati ad esercitare

il dominio sul passo,

il controllo totale sul territorio.

Facce incredule per l’idiozia di chi glielo consente

per una invincibile italiota piaggeria.

Facce di chi è persuaso che gli sia dovuto tutto,

di chi ha capito

che non pietas e caritas, non dignità e generosità,

ma l’esercizio di una ferocia spietata

consente il dominio sul mondo.

Facce che non riescono a nascondere,

malgrado la cura ossessiva del dettaglio e del riporto,

lo sbalordimento per il potere esercitato,

un malessere esistenziale profondo.

Facce di persone avide e furbe

che esprimono l’ansia da inadeguatezza e, insieme,

l’esultanza per la conquista dell’onnipotenza.

Facce contratte nella smorfia di un allarme 

per l’incombere continuo della minaccia,

camuffato sotto un risolino di superiorità beffarda.

Facce rappresentative della serie 

“perché io sono io, e voi non siete un cazzo”.

Facce di chi è abituato a dividere il pasto

con il ghigno dello stragista mafioso

e con il gesto pio del cardinale untuoso.

Facce da trionfo del postribolo immondo, 

uno spot delle facce italiane doc

che oggi ammorba l’universo mondo.


Gian Carlo Marchesini