La bella Piazza



Non vi dirò degli interventi di alto valore non solo specifico e particolare, ma anche politico generale dei Siddi, Onida e Saviano. Non vi riferirò delle testimonianze di rappresentanti del mondo delle professioni, dell’arte e della cultura. Non vi racconterò dei molti ed emozionanti contributi artistici seri e comici, poetici e musicali. Molte cronache ne hanno parlato, e le stesse trasmissioni in diretta ne hanno a sufficienza testimoniato. Cercherò invece di trasmettere e mi proverò a raccontare la straordinaria varietà e bellezza e intensità, la compostezza e la dignità, la forza, l’orgoglio e la determinazione che io ho sentito circolare in tutti i partecipanti. Io non ho mai visto Piazza del Popolo così completamente piena, e non solo la Piazza, ma ogni sua via d’accesso, e la contigua Piazza Flaminia fino alle rive del Tevere, e la via che arrampica sinuosa alla terrazza del Pincio: tutto e dovunque affollato e rigurgitante di popolo in festa colorato e creativo, arrabbiato e scherzoso, esasperato e gioioso. Ho visto le generazioni di anziani, i sessantenni e i settantenni e oltre, carichi delle tante e gloriose stagioni di militanza ma non per questo domi, le tante barbe e capelli grigi, le facce piene di rughe ramificate e intense, gli sguardi felici di ancora una volta esserci. Ma ben presenti erano anche le nuove generazioni in coppia o in gruppi sciamanti, le famiglie con i bambini di tutte le età e pure in carrozzina. L’insieme fluttuante e straripante innalzava mille bandiere, moltissimi reggevano cartelli personalmente inventati, beffardi e sarcastici, in una festa della creatività e fantasia satirica di cui era bersaglio l’attuale transitorio premier, i suoi collaboratori e ministri.

Oggi ho sentito palpitar il popolo della bella e larga sinistra, che a Roma è nettamente maggioritario e che ha consentito l’ascesa al comune della destra non perché minoritario e in rotta, ma per pura e comprensibile protesta nei confronti di certa sua insipiente e imbelle dirigenza. Il popolo delle grandi occasioni, quello della speranza e dell’attesa dei grandi e necessari rivolgimenti, quello del primo Cofferati e del girotondino Nanni Moretti, o dell’ultimo Veltroni al Circo Massimo. In questo popolo mi sono immerso, ho respirato e nuotato, tra mille immagini e simboli, cartelli e ingegnosi copricapi, magliette irridenti e fasce urticanti, tutte personalizzate, tutte espressive di una indignazione, di uno spirito e capacità di ribellione, di un rifiuto radicale di questa attuale insopportabile situazione. Mi sono dissetato e nutrito di questa marea di corpi in febbrile armonica agitazione, tra questa migliaia e migliaia di fisionomie così diverse e particolari, così convergenti e indomite, tutte unite nella condivisione di desideri e bisogni, di sentimenti ed emozioni, di affermazione di senso e di scopo.

Dice che eravamo oltre trecentomila: certo è che grida e fischi, cori e applausi e battimani nei passaggi migliori degli interventi raggiungevano una intensità così forte da sembrare tuoni, scosci e boati. E non ho mai sentito un silenzio così solenne, partecipe ed emozionato come quello dedicato alle vittime del disastro di Messina. Io credo che difficilmente l’insieme di un popolo, in sé e in partenza eterogeneo e diviso e variegato, raggiunga una tale tensione potente, una tale manifestazione di energie così esplicite, una determinazione così perentoria nell’invocare, esigere e reclamare un cambiamento radicale nella conduzione della cosa pubblica. C’è chi ci vuole deboli e divisi, spettrali e catatonici prigionieri di un eterno reality, ectoplasmi inconsistenti, claque demente e pura cornice di un perenne televisivo show. La piazza grande, un magnifico sole che splende, folate rinfrescanti di romana brezza ponentina, un unico grande palco pubblico di cui il popolo è protagonista: e dal palco nessun politico di professione che parla, ma ragionamenti limpidi e concreti di persone competenti e oneste, artisti veri che alzano la loro voce contro l’inautenticità di un potere vampiresco e letale. Ecco, questa è stata per me Piazza del Popolo il pomeriggio di sabato scorso. Un immenso corpo carnale e mistico, etico ed estetico, che più esplicitamente, altamente politico di così proprio non si poteva.

Gian Carlo Marchesini