Filosofi e ambientalisti in Fiera

Del ricco programma dei quattro giorni della Fiera della piccola editoria ospitata nel Palazzo dei Congressi di Roma, ho scelto di partecipare alla presentazione dei libri di due autori: Guido Viale e Gianni Vattimo. Del primo io penso farebbe molto bene a questo Paese nel ruolo e con la responsabilità di ministro per l’energia, la mobilità e l’ambiente perché studioso appassionato su questioni per il nostro futuro cruciali: la sostenibilità ambientale dei nostri stili di vita, del ciclo di produzione economico-industriale, della mobilità troppo sbilanciata sul totem auto, del trattamento e smaltimento dei rifiuti – insomma, esperto affidabile e serio per una riconversione necessaria e radicale che si può attuare soltanto attraverso la condivisione di beni comuni, la creazione di un nuovo spazio pubblico, la valorizzazione della dimensione locale e dei saperi diffusi. Il libro presentato, che io caldamente raccomando, è Prove di un mondo diverso. Itinerari di lavoro dentro la crisi (NdA editore). In esso Viale sostiene la necessità vitale di un cambio di paradigma, ed è denso di proposte e suggerimenti di pratiche rispettosamente, responsabilmente, rigorosamente ambientaliste. Ebbene, malgrado l’importanza dei temi trattati, il profilo prestigioso dell’esperto e il curriculum dello studioso, ad ascoltarlo eravamo non più di venti persone. Temi troppo gravi e impegnativi? Autore non televisivamente popolare? Editore piccolo e non così conosciuto? Forse le tre cose insieme. Peccato per chi è mancato! Almeno ora compratevi il libro…

Gianni Vattimo è stato protagonista in Fiera di una conversazione al Caffè letterario. Meltemi gli sta pubblicando l’opera omnia e, di recente, il suo ultimo libro Addio alla libertà. Noto come caposcuola del “pensiero debole”, Vattimo è in realtà un pensatore di cospicua, prolungata e impegnativa produzione. Cosa da lui ribadita anche durante la conversazione: pur senza enfasi e maiuscole, senza approdi finali e definitivi, il filosofo si dichiara impegnato nella riscoperta e attualizzazione di Marx – al centro del suo prossimo libro – e favorevole una pratica del conflitto come garanzia di una tensione dialettica in assenza della quale tutto ristagna, degrada, regredisce. Ma l’aspetto dell’incontro del filosofo con il pubblico che più mi ha colpito è un contrasto evidente tra l’immagine accademica del pensatore e un linguaggio conviviale, scanzonato e scherzoso. Vattimo è apparso persona allegra e perfino divertita che però propone riflessioni di un pessimismo accorato e scoraggiante. Come se l’unica reazione possibile al cospetto di uno spettacolo desolante fosse una risata clownesca e lunare. Perché – sostiene Vattimo - così consumando e sprecando, presto, per il letale inquinamento, si va verso il collasso del pianeta. E il nostro Paese è ridotto – sul piano sociale ed economico, etico e politico - che peggio non si può. E per l’Europa, la diagnosi di Vattimo non è poi così diversa: finché rimane divisa e debole, litigiosa e inascoltata, sarà sempre a rimorchio delle grandi potenze, delle conglomerate finanziarie e dei colossi multinazionali. Ora, non è che le cose non stiano nella sostanza così, solo che a sentirle raccontare da un Gianni Vattimo tradizionalmente serio, severo e perfino un po’ burbanzoso, ora nelle vesti di un Sileno ricco di battute, aneddoti privati e paradossi giocosi, il risultato è sembrato un po’ surreale e spiazzante. L’unica parte del pianeta in cui Vattimo ripone qualche speranza residua è l’America Latina, Bolivia e Venezuela in particolare. Lì soltanto sarebbe in corso un esperimento di governo socialista socialmente positivo, al punto che quando qualcuno del pubblico interviene per sostenere che Chavez è un autoritario caudillo, Vattimo ha reagito aspro e stizzito, gridando al malcapitato di togliersi le fette di salame dagli occhi. Dal pubblico un’altra voce si è levata per chiedergli conto della sua assenza dal No Berlusconi Day, e Vattimo ha risposto protestando un eccesso di presenzialismo da parte degli intellettuali, lamentando di avere firmato negli ultimi mesi decine di manifesti e appelli. Tanto non servono a nulla! ha spiegato. Ma qualcun altro gli ha ricordato che in passato gli intellettuali alla Moravia e Pasolini svolgevano un ruolo pubblico squisitamente politico e socialmente stimolante e critico, in quanto intellettuali organici al popolo molto più di quanto non siano gli intellettuali oggi. Non è stata infatti la manifestazione di sabato 5 dicembre frutto di auto convocazione da parte di giovani appassionati quanto sconosciuti internettari? E a parte i partiti di opposizione, e neanche tutti, gli intellettuali dove pubblicamente erano? Vattimo ha allora ammesso una sostanziale latitanza dei suoi colleghi intellettuali, aggiungendo che tale eclissi riguarda anche le altre forme di rappresentanza istituzionale e organizzata della sinistra. E lì, vuoi al filosofo ricercatore di verità, vuoi al Sileno ridente e tutto sommato appagato e divertito del suo seggio di euro parlamentare a Bruxelles, il sorriso sulle labbra si è un po’ spento.

Gian Carlo Marchesini