Vuoi mettere?
Lettere tra amici sulla natura dei linguaggi e dei poteri.
Caro Gian Carlo,
cercherò
di spiegarmi e se ,come temo, farò fatica,
perdona
l'incompletezza del pensiero.
Anch'io vedo come vedono
i tuoi occhi il disastro, ma mi
sembra di vedere solo la sua
superficie. Anche quando le sue crepe
portano a una sincera
indignazione, non mi fanno fare passi avanti
che non siano
limitati al mio sfogo personale. Posso urlarlo nel
deserto, ma
temo di non riceverne di ritorno neppure la eco.
Sto cercando di
guardare sotto il FATTO, sto cercando qual'é la TRAMA.
Non
mi riferisco affatto a chi trama per suo guadagno. Mi riferisco
a
ciò che rende un linguaggio così attraente
da
cancellare l'informazione e cambiarne il senso.
Il
linguaggio contemporaneo, come tu stesso dici, è
molto"televisivo"
e pertanto "pubblicitario".
Mi appare svuotato sì degli antichi sensi
ma è
pur sempre un linguaggio umano ed efficace per orientare
i
comportamenti. Capirlo è il minimo che mi sembra di dover
fare se non
voglio ridurmi a una allettante ma disperante
incazzatura permanente.
Credo
cioè che la struttura emozionale di fondo del
linguaggio
contemporaneo sia quella pubblicitaria e che si
interrompa il suo
spartito di fondo con notizie e informazioni
"fuori dal coro". la
realtà così mi appare
invertita. Il "vero" percepito dall'inconscio
collettivo
è il film e lo spot, al suo interno ogni tanto arriva
un
"fatto".
Bene, se così è, allora è
importante capire: come fa una storia
inventata ad essere
"migliore" o più "forte" di un "fatto
reale"? In
antichità i Vangeli riportano storie
e narrazioni con strutture assai
simili a quelle pubblicitarie.
Converrai sul fatto che il loro tipo di
linguaggio ha resistito
per un paio di millenni. Ha resistito sino ad
oggi , sino
all'arrivo della Tv e della sua comunicazione
pubblicitaria. Per
questo sono convinto che la nuova religione di
questo mondo sia
quella dei Consumi e che abbia sostituito il
linguaggio fattuale
con uno di tipo parabolico e favolistico, come ha
sostituito le
Cattedrali con i Centri Commerciali, le Piazze con una
storia
nei non luoghi senza storia, la comunione tra i fedeli con il
consumo
personale del prodotto.
Il rilancio che sto dando alla tua lettera
sul potere dello spot
suona in questo modo: lo scontro tra il
linguaggio di tipo "mitico"
e quello più
"terreno" è ormai finito e a vantaggio netto del
primo.
Il linguaggio mitico è quello dunque da
studiare, se lo si vuole
ristrutturare. Ed è quello
che in parte ci viene dall'antica Grecia e
poi dalla religione.
Lo
stesso faccio per la lettera di Pier Luigi Celli Celli. Guardo alla
sua
struttura e mi colpisce per come utilizza per un suo fine
personale il mito
della conoscenza e cerca di inviare il
figlio (la sua vittima
sacrificale) oltre le colonne d'Ercole come
l'antichità ha fatto con
il buon Ulisse.
Ciao e a presto, Carlo Alberto
Rinolfi
Caro Alberto,
cosa accomuna mitologia e cultura greca, messaggio evangelico cristiano, capitalismo consumistico odierno? Propongono una risposta geniale quanto storicamente efficace a un bisogno umano insopprimibile: benessere e salute, ricchezza e abbondanza, piacere e felicità, armonia e bellezza, salvezza e immortalità. Rispondono all’eterno e universale bisogno di qualcuno che rassicuri: tu sei così piccolo, povero, solo, fragile, malato, destinato a soccombere e sparire. Io ti regalo un bellissimo sogno, una inebriante favola consolatoria: l’eterna felicità dell’Olimpo degli dei, del Paradiso degli angeli, della disponibilità illimitata di prodotti, beni e servizi. Eccomi, sono il sapiente e il sacerdote che ti garantisce e conforta, sono il ponte verso un mondo migliore, il politico onnipotente che ti risolve ogni problema, il maestro che ti racconta la favola bella. Tu devi semplicemente renderti disponibile, accogliere e accettare. Dammi i tuoi crucci e problemi, i tuoi desideri e bisogni, i tuoi sogni e l’anima. Sono il tuo rifugio, il tuo protettore, la tua forza: senza di me tu sei smarrito e confuso, infelice e perduto. Tu aspiri ardentemente a una sola cosa: un padre onnipotente, una madre che ti accarezzi, racconti le favole, canti le ninne nanne. Questa concezione mitologica e infantile, ideologica e religiosa, presuppone una relazione bambino-adulto, figlio-genitore, allievo-maestro, dipendente-padrone, che si contrappone drasticamente a quella della costruzione di una società di uguali, corresponsabili e solidali, consapevoli e reciprocamente soccorrevoli.
L’antica Grecia che io amo è quella che rivendica e persegue libertà, pensiero critico e conoscenza; il cristianesimo cui ispirarsi è quello del comunitarismo caritatevole e amoroso; il capitalismo degno di stima è quello della creatività e della ricerca, dell’amore del fare e dell’agire, dell’impegnarsi nell’intraprendere per inventare, risolvere, produrre. E tutto questo richiede non magie e trucchi, trappole e imposture, ma energia, coraggio, dedizione. Più Tommaso Moro e Giordano Bruno e Calvino, meno Hobbes e Machiavelli; più Marino e Vendola, meno Berlusconi e D’Alema.
Sicuramente, l’arte di mentire, fingere, giocare con più mazzi di carte, infischiarsene dei fatti reali, dichiarare e sostenere l’insostenibile senza curarsi della verità e della verosimiglianza, appare scelta attraente e nell’immediato anche vantaggiosa. Vuoi mettere? Perché abbracciarsi e stringersi la mano e aiutarsi e sostenersi, quando puoi ottenere tutto randellando e colpendo per primo, e puoi anche divertirti con le barzellette e le risate ma, se necessario, puoi servirti della pistola e del tritolo, dei servizi segreti e della malavita organizzata. E puoi raccontare le balle che vuoi, le falsità e le menzogne, e piegare, manipolare, sedurre quando piace e conviene, e quando necessario spezzare e distruggere, consentirti tutto e il contrario di tutto, come ti sconfinfera e aggrada. Vuoi mettere? E perché mai dovresti importi di modulare il ritmo e il passo tenendo conto delle capacità e del fiato dell’ultimo, quando con una zampata e un calcio puoi arraffare tutto?
Celli invita il figlio a oltrepassare le colonne d’Ercole e affrontare il vasto mondo: ma lo fa perché il figlio sia portatore nel vasto mondo dello spirito di scoperta e conoscenza di Ulisse, o dello stesso cinico e strumentale modello di accumulo di potere di cui il padre è incarnazione? Serve una propagazione sempre più raffinata del modello Madoff, o una radicale conversione e adesione all’impegno dei Luigi Ciotti, al generoso altruismo dei Gino Strada, al coraggio civile dei Saviano, finché nell’assunzione collettiva e generale di responsabilità, impegno e generosità il modello eroico incarnato dai tre non abbia più ragione di esistere?
(Ma il “modello Bersani” dove si colloca: un po’ qui e un po’ lì, dipende, dovunque e da nessuna parte?)
Tuo Gian Carlo Marchesini