Il valore dei giorni di Sebastiano Nata – Feltrinelli 2010

Parte prima. Lettera all’autore che è anche un vecchio amico.

Caro Sebastiano, ecco, come promesso, un piccolo resoconto della mia esperienza di lettura. Ho letto Il valore dei giorni con molto interesse. A parte qualche raro e marginale inceppo cacofonico – ma ammetto che può anche essere addebitato a mie peculiari paturnie d’orecchio – la lettura del libro, grazie alla tua capacità di scrittura, scorre bene. Hai una capacità di descrizione dei dettagli così esatta e minuziosa da risultare a volte perfino ipnotica. Ritengo essa sia uno dei punti forti del libro. È proprio questa tua capacità così ben coltivata e bene espressa a mostrare quanto hai fatto tua e ami la scrittura. Devo poi dire che a me hanno molto più preso le parti del libro dedicate alla descrizione e rappresentazione del mondo dell’impresa di quanto non abbiano coinvolto quelle riferite alle vicende famigliari del protagonista. Ma credo questo dipenda in larga misura da una mia propensione, da una attenzione e interesse personali. Penso però di non andare lontano dal vero se dico che Il valore dei giorni si segnali per il contributo che dà, potente e originale, alla conoscenza di quella che è la vita di relazione spesso spietata, crudele e feroce, al clima e alle passioni che si agitano all’interno delle multinazionali del credito e della finanza oggi. Questo certamente è, del tuo libro, un merito particolare e significativo. E di questo bisognava darti riconoscimento e riconoscenza. Poi viene la parte più personale e per me delicata, quella che riguarda la posizione morale e contenutistica. Sono stato tentato di trattarla con una sintesi sbrigativa, del tipo: il protagonista del racconto (l’autore?) risolve i suoi comprensibili e bene rappresentati dilemmi morali, attinenti il suo lavoro ai vertici di una multinazionale finanziaria, con delle decisioni finali che possono anche essere ritenute di opinabile ma rispettabile buon senso. Punto.

Ma tu mi conosci bene, è difficile che io mi accontenti delle mezze frasi, e che resista alla propensione all’intransigenza che a volte, riconosco, suona perfino troppo radicale. Eccoti quindi la seconda parte delle mie osservazioni. Fanne l’uso che credi, sei autorizzato anche a incazzarti e magari mandarmi a quel paese. Ma se certe cose anche sgradevolmente ruvide non te le dico io, che ti frequento da trent’anni, chi altri?

Il valore dei giorni Parte seconda. Ovvero: anche le terribili e tanto criticate multinazionali della finanza hanno un’anima.

Dopo varie, intense e drammatiche peripezie famigliari, dopo avere ben descritto logiche e dinamiche degli scambi e dei rapporti ai vertici di una mega azienda transnazionale, nella parte finale de Il valore dei giorni Marco, il protagonista, superato un periodo di angosciosa crisi, elenca le ragioni e rivendica la scelta di continuare a impegnarsi, per fare carriera, all’interno di una odierna multinazionale finanziaria. In tale modo, si giustifica il nostro eroe, “avrebbe guadagnato un mucchio di soldi. E i soldi servono. Avrebbe potuto spendere senza troppi limiti per le cose che lo appassionavano. Oppure destinare una parte cospicua dei suoi risparmi a progetti utili. Perfino a creare una ong, perché no?”. E ancora: “Non credeva di essersi montato la testa, di voler emulare Bill Gates. Ciò che desiderava era vivere a modo suo, non sottomettersi a tutte le scelte fatte dagli altri o dal caso, a tutti i meccanismi perversi che ogni minuto del giorno muovono la società. Il mondo era quello che era. Non si illudeva di cambiarlo in maniera radicale, e neanche di cambiarlo da solo. Ma questo non significava essere costretto ad accettare qualsiasi imposizione peggio che fosse uno schiavo. C’erano tante persone di buona volontà con le quali, pur consci dei vincoli esistenti, si poteva operare da uomini liberi per il bene comune”. E quindi: “Non avrebbe disertato. Si sarebbe battuto per ottenere in azienda la responsabilità dei “grandi clienti” europei. Avrebbe continuato a pretendere tagli sulle spese pubblicitarie piuttosto che sul numero dei dipendenti. Sperava di non cedere più alla tentazione della resa. Avrebbe lavorato sodo con colleghi che stimava e insieme a loro avrebbe concluso qualcosa di cui andare orgoglioso. Forse era davvero possibile, come era scritto nel libro Heroic Leadership di quell’ex gesuita, agire non soltanto con spirito di iniziativa, ma anche con amore.”

Domanda: ma che sarà mai quello “spirito di iniziativa” formulato con una definizione tutto sommato così gradevolmente neutra e innocua, che però per essere salvato ha bisogno addirittura della discesa in campo dell’amore? Perché non viene definito con il suo nome proprio, e cioè profitto? E perché, se si considera il profitto utile e necessario, ci sarebbe bisogno di inventarsi un “amore” che lo salva? In verità, l’impressione che se ne ricava è che qui a essere in gioco sia un’operazione spericolata, anche se non così originale e nuova, di innesto e compromesso tra concrete ragioni di incremento del portafoglio e cattolica salvezza dell’anima. L’antico dilemma della scelta tra Dio e Mammona trova una sua rinnovata ed ennesima declinazione nella trama narrativa del libro.

In effetti, il protagonista del racconto, oltre a dibattersi in viluppi affettivi problematici e contraddittori nelle sue relazioni famigliari, si direbbe anche portatore di una operazione ideologica ben precisa: fornire conforto psicologico e giustificazione morale, oltre che a se stesso, anche a chi è oggi impegnato professionalmente ai massimi livelli delle multinazionali in genere, di quelle finanziarie in particolare, fornirli dal vivo e dall’interno, all’origine e nel centro infuocato delle massime contraddizioni, argomentando con le ragioni attinte dall’esperienza diretta. Conclusione? Si può essere dubbiosi e perplessi, si può anche andare in crisi e tentennare, ma alla fine ci si convince, sulla scorta degli argomenti dei quali una piccola messe è fornita sopra, che la resa e l’abbandono sarebbero tradimento e diserzione. Un sano compromesso è necessario perché, alla fin fine, vantaggioso per tutti.

Introduco una digressione che ritengo utile. Ho letto recentemente su Famiglia cristiana una intervista ad Angelo Caloja, responsabile dello IOR, Istituto per le Opere Religiose del Vaticano, il quale a domanda risponde: “il denaro può essere lo sterco del diavolo, ma può anche diventare un buon fertilizzante.” E il Nostro prosegue: “Oggi il risparmio è colpito da comportamenti scorretti al limite della fraudolenza, della eccessiva propensione per l’azzardo, da comportamenti che eludono le norme. È colpito da quella brama di profitto che è sempre stata denunciata dall’autorità ecclesiastica. Questo è un tempo in cui il denaro e l’egoismo stanno dominando.” (A sostenerlo e denunciarlo è l’attuale responsabile dello IOR: ma lo IOR non è stato diretto per decenni da quel tale monsignor Marcinkus, amico stretto di Calvi, Riina e Sindona?)

Ne Il valore dei giorni si suggerisce e teorizza che, con l’apporto e l’approccio fornito da un gesuita che si è spretato per correre al soccorso della brama di profitto delle multinazionali finanziarie, lo sterco del diavolo può diventare concime adatto a mettere la propria coscienza a posto, e a rendere il mondo migliore di come lo si è trovato. Chissà se sarebbero d’accordo quei grandi riformatori – Francesco d’Assisi, Martin Lutero, Tommaso Moro, tra i primi che vengono in mente – che contro le devastanti derive dei poteri politici e religiosi dell’epoca, di corruttela dilagante e simonia, predicarono e praticarono scelte morali diverse, più radicali e drastiche – abbandonando case, beni e onori, pagando anche con la vita? Insomma, Sebastiano Nata, attraverso la ben congegnata architettura del suo racconto, offre, ai dilemmi etici e alle ambasce esistenziali in cui eventualmente si trovasse chi opera in tali multinazionali, consigli sagaci e consolatori: a salvarci l’anima non è cosa si fa e come ci si appropria dell’altrui denaro, egli sembra sostenere, ma come in qualche sua parte a fin di bene lo si impiega e utilizza. Bill Gates è il modello cui ispirarsi, e l’ideologia del capitalismo finanziario caritatevole il suo profeta.

Dopo tutto la crisi economica e finanziaria in atto non ha solo impoverito e depredato molti, rovinandoli al punto da indurre non pochi alla disperazione e al suicidio, ma, come dicono le ultime statistiche di Forbes, ha fatto magicamente lievitare anche il numero dei miliardari (in euro!) nel mondo: dagli ottocento di qualche anno fa agli attuali mille. È proprio vero, come sta scritto nello stesso Vangelo, che molti sono i chiamati, pochi gli eletti. E se così girano le cose del mondo, perché poi dannarsi tanto?

Nessuno come Sebastiano Nata sa raccontare i pensieri e i sentimenti del denaro” , afferma con perentoria autorevolezza Marco Lodoli in quarta di copertina. Sarà sicuramente vero. Ora però non vedo l’ora di leggere anche cosa dicono al proposito altri due autori: uno è Gianfilippo Cuneo, guru della consulenza aziendale, che in quarta di copertina del suo Wall Street: La stangata (Baldini, Castoldi e Dalai) recita: Ma la speculazione è tornata come prima (si intende: grazie alla barca di soldi elargita dai vari Governi…). Il secondo, del giornalista francese Hervé Kempf, pubblicato da Garzanti, perché ha un titolo curioso e piuttosto promettente: Per salvare il pianeta dobbiamo farla finita con il capitalismo. Insomma, di questi temi e dilemmi sicuramente riparleremo.

P.S. : terminato il libro, mi sono riletto le beatitudini elencate nel Vangelo secondo Matteo. Ora, io non voglio certo escludere nessuno dal realizzare nel vivo della sua vita professionale ai vertici di una multinazionale la quintessenza di questo spirito evangelico. Magari tutti ci provassimo e ci impegnassimo a fondo! E sappiamo come lo Spirito soffi dove vuole, anche là dove meno te l’aspetteresti. Ma ritenere che questo messaggio fatto di mitezza, purezza, misericordia, pace e giustizia possa venire declinato e incarnato ai vertici di una multinazionale finanziaria grazie al pensiero di un ex gesuita, non è come dare credito a Berlusconi che esalta il suo Partito dell’Amore? Ecco, a me queste operazioni suonano non poco sospette e ambigue. Poi, se qualcuno vuole mostrare che ho torto, benvenuto. Non si fosse capito, a me non dispiace affatto che Bill Gates dia in beneficienza ai bambini affamati nel mondo un miliardo di euro: vorrei anche capire se è legittimo interrogarsi su come abbia fatto ad accumulare i 50 o 100 miliardi che si è intascato. Tanto più se è vero ciò che molti sostengono, e cioè che chi si appropria di una quota esagerata di ricchezza la sottrae a tutti gli altri. Ecco, ancora prima delle beatitudini evangeliche, bisognerebbe forse ragionare e praticare valori quali semplicità, essenzialità, modestia, sobrietà, frugalità. Conosco personalmente bene persone che vivono nel Nord del nostro Paese, votano Lega, evadono alla grande il fisco, hanno accumulato case e appartamenti, recitano il santo rosario e ascoltano quotidianamente Radio Maria, vanno in pio pellegrinaggio a qualcuno dei tanti santuari mariani, adottano a distanza per qualche centinaia di euro bambini che manco mai sapranno di che risata ridono, di che singhiozzi piangono. La brama di denaro, di affermazione e di ricchezza, di sempre più forti garanzie di celeste salvezza, può avere forme e declinazioni varie. C’è chi non si accontenta di accumulare ricchezza in terra, ma pretende anche il paradiso nell’altra supposta vita. Ma da qualche parte mi pare stia scritto che non è chi dice Padre, Padre…

Uno dei meriti del libro è anche quello di avermi spinto a rileggere non solo le beatitudini elencate nel Vangelo, ma anche, per un giro di associazioni, un vecchio libro (ABC dell’economia scritto da Ezra Pound nel 1933 (!), pubblicato da Bollati Boringhieri nel 1994, ripubblicato l’anno scorso), citando dal quale alcune proposizioni chiudo il mio forse fin troppo lungo discorso.

Lo Stato e il denaro devono essere concepiti come ricchezza pubblica, e non come ricchezza privata.” “Banche e istituti di credito dovrebbero avere per motivazione del loro operato il bene comune, non le manovre a favore di pochi imbroglioni, furfanti o sfruttatori altolocati.” “Laddove l’influenza dei circoli finanziari è troppo forte e incontrollata, la libertà ne soffre.” “Chiunque vende allo scoperto, o specula in Borsa, agisce nella speranza di mettere le mani nelle tasche altrui.” “Un sistema economico in cui è più profittevole fabbricare armi per fare a pezzi gli uomini piuttosto che coltivare grano o fabbricare macchinari utili, è una vergogna e i suoi sostenitori sono nemici dell’umanità.” “Quando c’è quanto basta, bisognerebbe semplicemente dedicarsi a trovare i mezzi e i modi per distribuirlo a chi ne ha bisogno.” “Il privilegio non genera un senso di responsabilità. Singoli individui forse sì, ma il 95% delle classi privilegiate sembra credere che l’interesse principale dei privilegi consista nell’essere esenti da ogni tipo di responsabilità.” ”Una giornata lavorativa più corta ridurrebbe drasticamente il numero dei disoccupati. Molto meglio due ore al giorno in più per oziare, pensare, tenersi in forma, che una giornata di superlavoro e lo spettacolo degradante di milioni di persone costrette all’inattività.” “So per esperienza che si può vivere infinitamente meglio con pochissimo denaro che con molto più denaro e meno tempo. Il tempo non è denaro, ma è quasi tutto il resto.” “Il denaro è un abracadabra, un falso senza reale e rigorosa corrispondenza con i beni esistenti.” “La scienza dell’economia e della finanza dovrebbe essere volontà d’ordine, volontà di giustizia ed equità, desiderio di civiltà. Inclusi gli scambi di cortesie”.

Gian Carlo Marchesini

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