Stanotte ho convocato in sogno tutta la mia vita a congresso
Eravamo in centinaia, forse in migliaia: una moltitudine. Uomini e donne di tutte le età, città e regioni, delegati di tutte le innumerevoli istanze, sedi e cooperative. Suddivisi in aule e sale, a seconda dei temi e delle questioni, ci si trasferiva a gruppi e colonne in assemblea generale riempiendo del palazzo congressuale terrazze, corridoi e scale. Si discuteva appassionatamente di tutto, di missione e futuro, di organizzazione del lavoro, di senso della vita e del giusto salario. Eravamo forza politica, movimento cooperativo e sindacale, militanti e amici con la voglia di cambiare l’universo mondo, dare una migliore organizzazione alla vita, far funzionare la scuola, la sanità e l’erario.
A pranzo si confluiva tutti sopra una enorme terrazza che era anche una spiaggia attrezzata di tavole imbandite, tende per il riparo e il riposo. A frotte i nostri figli bambini sciamavano vocianti sul bagnasciuga a giocare con l’incessante movimento ondoso. Eravamo indaffarati e operosi, consapevoli dell’importanza del nostro fare e di esso orgogliosi. Ci si affrontava animatamente su punti di vista diversi e anche opposti, fiduciosi nel condividere gli stessi fini e presupposti. Eravamo diversi e plurali, eppure solidali e profondamente uniti. Anche dissentendo, e affrontando le questioni di petto, ci si ascoltava tutti con attenzione e reciproco rispetto. Non conoscendo in realtà nessuno, io mi sentivo di tutti amico. Volta a volta, stanza dopo stanza, riuniti in piccoli gruppi o in assemblea plenaria, o a mangiare insieme intorno a una lunghissima tavola, corrispondevo amabilmente con chi mi stava vicino, la condivisione e il comune sentire superando differenze e divergenze. Si respirava nel mio sogno una magnifica aria, ricca di sensibilità e intelligenze.
Stanotte in sogno ho convocato a congresso l’universo mondo. Il sentimento diffuso originava dal partecipare alla realizzazione di un progetto comune: tutti eravamo in cammino, tutti chiamati con pari dignità a fare, dare, contribuire. Eravamo una forza collaborante e cooperativa, un movimento sindacale e un solo partito universale. Eravamo tra di noi diversi e in larga parte sconosciuti, eppure consapevoli e orgogliosi della nostra umanità uguale.
Poi mi sono svegliato, e mi sono immediatamente ricordato di vivere in un Paese comandato da una cricca di malfattori, e che la solidarietà sindacale e cooperativa vigente è quella dell’intrallazzo e del crimine. Ed evidentemente tale è per me il disagio e il disgusto per tanto soqquadro e trambusto, da sentire il bisogno di rimettere le cose al loro posto almeno in sogno.
Gian Carlo Marchesini