Noterelle elettorali sparse a urne chiuse
Dal mio osservatorio di rappresentante di lista in un seggio elettorale del III Municipio di Roma (Piazza Bologna, Via XXI Aprile, Nomentano), devo riconoscere che i sostenitori della Bonino sono fenomenologicamente apparsi come espressione di un dato umano e politico riassumibile nella figura della persona perbene, saggia e anagraficamente piuttosto attempata, mentre quelli della Polverini hanno fatto irruzione sulla scena come rivincita di un dato fisiognomico riassumibile nel tipo scalpitante un po’ coatto, nelle posture sbrigative del ribaldo incolto, a volte perfino, per il mio soggettivo sguardo, del becero esteticamente orrido. E’ vistosamente mancato all’appuntamento il corpo elettorale giovane, diverso e nuovo, che ovviamente c’è, ma non riesce, o non vuole, o che per ora si dissocia e prende le distanze sia dagli uni che dagli altri: dalla saggezza troppo pensosa e prudente dei genitori e dei nonni, che può ricordare il sapore un po’ muffito di una marmellata fatta in casa e da troppo tempo conservata nella dispensa e, insieme, dall’arrembaggio anarcoide e greve delle plebi dalle voci stentoree e le braccia aggressivamente protese e pronte a menare.
Roma emancipata, coltivata e passabilmente europea si è sostanzialmente riconosciuta nella figura minuta, indomabile e ieratica di Emma Bonino. I suburbia, le campagne e le province, specialmente quelle dell’agro confinante con la Campania, si sono entusiasticamente riconosciute nella Polverini: tutto fuorché snob; popolana e verace; schiettamente ignorante; priva sull’ampia fronte bombata di qualsiasi traccia di pensieri molesti; prevalentemente di gola e di pancia.
Alemanno e Polverini compongono in effetti un duo impressionante per sbrigatività, propensione al coro da curva sud della tifoseria calcistica, faccia tosta e testa spensieratamente vacante. Come possono questi due governare Roma Caput Mundi e rappresentarla al cospetto del vasto e complesso contemporaneo mondo, è mistero tra i più inquietanti. Certo, noi della parte avversa e diversa siamo al confronto, e per come servirebbe, poco decisi e determinati, troppo scettici e smaliziati, troppo ipercritici e autocritici, non abbiamo più la fame e la sete, la passione di onestà, verità e giustizia che, ad esempio, muovono Vendola in Puglia. Ci limitiamo a chiosare e a precisare, a emettere qualche paziente lamento, a esprimere qualche dubbio e “ohibò!” di moderata indignazione: aggrottiamo – senza esagerare, che le rughe portano male – la nobile fronte. Ma già il nostro pensiero corre al bel film che ci aspetta, alla lauta cenetta, alla pagina lasciata a metà dell’ultimo formidabile romanzo. Non abbiamo certo la fame ingorda delle plebi di borgata, periferiche e di provincia, in arretrato di potere da mill’anni. Questi qui procedono sportellando e spetazzando come l’impressionante figuro che rappresentava la Polverini al mio seggio: jeans dalla cinta bassa su chiappe insaccate dentro da temerne l’improvviso orrendo scoppio, capello dritto sul cranio abbondantemente insugnato, sigaretta penzoloni e rayban a specchio sul naso, cellulare perennemente appiccicato al muso a borbottarci dentro borborigmi e sibili. Caracollava su e giù, dentro e fuori, avanti e indietro a metà strada tra il ritardato e il tarantolato, roteando gli occhi a palla e digrignando le mandibole che se l‘avesse incrociato Carlo Verdone l’avrebbe ingaggiato per qualche caricatura delle cinematografiche proverbiali sue.
Peccato, Emma Bonino ha perso: per avere capito e apprezzato di che pasta umana e politica è fatta, in questa sorridente, minuta e tenace signora in molti abbiamo sperato e creduto. A dire il vero senza neanche esserci più di tanto soffermarti su programmi e contenuti, quanto convinti da un dato irrinunciabile e fondativo di onestà e pulizia, su un suo semplice e diretto parlare chiaro e agire corretto – cosa che in politica, in questi ultimi tempi anche a sinistra, è stata troppo poco praticata.
Ora l’onda melmosa che arriva dalle province del litorale sud, e che ha spinto la Polverini in alto quanto ahinoi è bastato, potrà dilagare e invadere sottoscala e anfratti, uffici e sale nobili, altari e troni. Abbiamo sperato che il buon senso, il buon gusto, un equilibrato e irrinunciabile impulso al discernimento, avrebbero aiutato. Gli agguerriti manipoli di Grillo hanno fatto saltare la Bresso e i suoi amletici tentennamenti al Nord, le nuove generazioni globalizzate e internettistiche non si sono sufficientemente riconosciute nella Bonino al Centro, l’assedio della mala organizzata ha infine completamente espugnato le già da troppo tempo socialmente degradate e depredate plaghe calabro-campane. Ci rimane un talismano, un astro nascente – a dire il vero già positivamente collaudato – all’estremo Sud della penisola, cui spetta ora il compito - già essendosi il nord entusiasticamente consegnato a un barbarico e bottegaio dio Odino - di impedire che il malaffare in quella parte del Paese completi la sua opera devastante. Noi residui e irriducibili manipoli battaglieri, per quanto acciaccati e piuttosto anziani, abbiamo combattuto nei nostri romani quartieri meglio che abbiamo potuto. Avere nel nostro spazio sociale comunque vinto, anche se non abbastanza rispetto allo scopo, ci rende degni dell’onore delle armi. Sicuramente a Emma Bonino va riconosciuto il merito di avere dato di sé un grande meglio. Il dio della buona politica ce la conservi ancora a lungo.
Gian Carlo Marchesini