Capri

La bellezza

Tutte le tonalità dell’azzurro e del blu del cielo e del mare, tutte le sfumature del verde e del marrone bruciato della campagna e della montagna, tutte le fogge, le varietà, i colori e i profumi delle piante e dei fiori, tutte le possibili forme e linee all’orizzonte e in picchiata, Capri è la sintesi e la summa dei luoghi più belli che io abbia conosciuto e apprezzato nella parte meridionale della nostra penisola: Amalfi, Ravello e Palinuro, Scario e Maratea, Taormina e Castelmola, Erice e San Vito Lo Capo. Mi correggo: Capri è la sintesi e la somma dei più bei luoghi del mondo - dal Brasile alla California. Mi correggo ancora – qui è giocoforza procedere per insistite approssimazioni successive: Capri è la somma e la sintesi dei luoghi paesaggistici e naturali più belli al mondo, nel senso che a mio giudizio Capri è il paradiso terrestre definitivo. E così, con l’enfasi arrembante dei giudizi, abbiamo chiuso.

La ricchezza

Possiamo anche utilizzare, per affrontare nel giudizio vette paesaggistiche tanto eccelse, un altro tipo di approccio, più culturale e sociologico. Capri è il luogo dove sono concentrate in evidenza le risorse più raffinate e cospicue, le ricchezze più perentoriamente esplicite dell’universo creato. Mai visto tanto esibito sciorinio e sfavillio di ori e gioielli sistemati a occhieggiare in una teoria di vetrine infinita. Mai visto tanto lussureggiare di stupende ville più o meno recenti – Helios e Lysis, Jovis e Munthe, Malaparte e Fersen - , di magnifici alberghi, di ritrovi e bar, di ristoranti e trattorie, e pizzerie e pasticcerie per ogni gola e palato e misura.

I giovani

Capri, le sue piazzette e stradine, le terrazze, le discoteche e le piscine, è territorio dove mai ho visto concentrata tanto bella gioventù abbronzata – e, al suo interno, tante belle ragazze sinuose e longilinee: russe, ucraine, moldave, muse e attricette, escort e veline, comunque straordinariamente belle e divine. Donne fenicotteri alte due metri, probabilmente rapaci cavallette, dallo sguardo aristocratico e sprezzante come regine. (Una di loro, rivolgendosi all’amica in un italiano già sufficientemente attrezzato, al tavolo della Piazzetta vicino al mio ha sornionamente osservato: “vedi quelli?” – e indicava un gruppo di vecchietti italioti con vezzoso golfino di cachemire sulle spalle: “noi saremo presto le loro badanti, loro diventeranno i nostri servi…”).

Questi giovani che circolano e oziano e bivaccano per le strade, i bar e le piazzette, i ristoranti e le discoteche, sfoggiano tutti un piglio e un tono, una sonorità squillante di voce e risata, una facilità e scioltezza, una autorevolezza, che fanno intuire un percorso di vita a ostacoli zero: nessun problema, nessuna mortificazione o deprivazione, nessuna carenza o inadeguatezza. Beati loro… (O no?)

Il privilegio

La fauna umana che a Capri circola prevalente è quella di un universale, ferocemente selettivo privilegio. Si direbbe che finora questi dinoccolati e abbronzati umani abbiano avuto come occupazione quella di incontrarsi, annusarsi, salutarsi con grandi pacche sulle spalle, sorbire gradevoli bevande ghiacciate, sfidarsi in gare su barche strafiche, mangiare a strafottere, sniffare a strafare, fottere a esagerare. Insomma, questi qui, della casta di ricchi italiani e universali, si direbbero ombelico e quintessenza - anzi, più appropriatamente, i beati e onnipotenti abitanti dell’Olimpo. Che altrove ci sia crisi pesante, i cui costi si scaricano duramente sul mondo del lavoro e sui giovani specialmente, qui non appare neppure lontanamente. Le barche da diporto, le gioiellerie, i negozi di moda alla moda, i quisisana e le grotte azzurre, qui continuano a fare il pieno.

I taxi

Intanto, la corsa in aliscafo dal napoletano molo Beverello a Capri, o il taxi dal porto di Capri ad Anacapri – per fortuna, quest’ultimo, luogo in cui il delirio dell’arroganza e della ricchezza esibita sembra un po’ quietarsi e rimettere giudiziosamente i piedi per terra – costano un piccolo patrimonio. A Capri si direbbe che anche le scelte di spesa per servizi ovvi e necessari abbiano prezzi correlati alle facilonerie sciccose dei fuoriquota dell’Olimpo. Fa piacere essere informati che i nativi e residenti hanno ridotto il pedaggio dei due terzi, ma che altrove ci sia crisi pesante, i cui costi si scaricano duramente sul mondo del lavoro, a Capri non appare. Viene perfino da dubitare che il gioco dei contrasti, delle rivalità e delle invidie, dei timori e delle minacce, dia verve allo scialo e contribuisca ulteriormente: penalizzi i già penalizzati, rifornisca di ulteriori agi e beni i beneficiati.

Le strade

Le strade di Capri non consentono a chi si incrocia nei due sensi che pochi centimetri di distanza. Gli abitanti e i taxisti ( 72 vetture forse uniche al mondo perché appositamente allungate e scapocchiate) le percorrono con la sicurezza sfrontata non di automobilisti, ma di provetti orologiai svizzeri, o di chirurghi alle prese con rombanti bisturi. Per chi è ospite a bordo l’esperienza è quella emozionante e ventosa di una indiavolata giostra, o di un volo spericolato tra alberi che sembrano irrompere in macchina, e lo sfiorare altalenante di precipizi.

Gli aliscafi

Anche il trasbordo in aliscafo non ha scherzato: ammassati come bestie all’interno, stante il divieto di utilizzare il ponte, aria condizionata sparata a palla, un sistema di televisori onnipresenti sintonizzati a tutto volume su una soap opera cretina, impediti nel concentrarsi e riflettere, nel desiderio di osservare e contemplare, di conversare e leggere, il viaggio verso l’isola più bella del mondo è stato quanto di più scomodo e sgradevole possa essere sperimentato. L’autore responsabile di tanta insipienza dovrebbe essere assegnato per un congruo periodo a lavori servili: ad esempio pulire i cessi, o zappare l’orto.

La crisi

Come dicevo, Capri è apparsa a me, che buon ultimo l’ho scoperta ora, summa e sintesi dell’originario e mitico paradiso. Peccato che sia anche passeggiata e vetrina evidente dell’arroganza fatua di una fauna stolidamente miliardaria. Un po’ più di consapevolezza e alternanza, di partecipazione, scambio e condivisione con i cassintegrati, i precari e i disoccupati, i contrattisti e i licenziati, forse non guasterebbe… E poi dice: c’è la crisi. Ma a vedere sui treni e alle stazioni, sugli aliscafi e per le piazze e stradine di Capri, nei bar e ristoranti, e a sentire quelli dell’Azienda del turismo e soggiorno dire che gli alberghi in questo fine settimana di metà giugno sono tutti pieni, non si direbbe che la crisi colpisce tutti…

Gian Carlo Marchesini

P. S.

Ah, dimenticavo: la presentazione del mio libro, su una terrazza adiacente la famosa Piazzetta, è andata, malgrado tutto, bene. Malgrado tutto perché, pur non avendo avuto il conforto della presenza dei due relatori previsti, falcidiati dai malanni e dagli imprevisti, chi li ha sostituiti – il dirigente responsabile della Fondazione Cerio, cui si deve la realizzazione dello splendido omonimo museo su origini, storia e cultura di Capri – si è mostrato perfettamente all’altezza del compito. E la cena finale, dalla stessa Fondazione offerta, è stata quanto di più convivialmente piacevole nella conoscenza del genius loci – anche culinario e gastronomico – del vecchio “Kapros”. L’isola dei cinghiali, come l’hanno battezzata gli antichi Greci.