Non più vostro

di Gian Carlo Marchesini

Lettera di un sindaco onesto del Cilento, per questo ammazzato.

Carissimi, ora sfilate tutti a rendermi omaggio spendendovi in elogi e orazioni. Ma dove eravate, voi che oggi accorrete solleciti, quando mi impegnavo in prima persona a far rispettare regole e leggi, e mi opponevo direttamente e fisicamente all’abuso, allo spaccio, a ogni forma di arricchimento illecito? La verità è che, ostacolando i disegni e gli appetiti di piccoli e grandi malavitosi, rompevo le scatole a troppi. Oh, non dubitate, sapevo di espormi a seri pericoli. Ma quanti di voi, che oggi vi mostrate così solidali e addolorati, hanno nei loro luoghi e contesti assunto con determinazione la propria parte di responsabilità e rischio? Io ho guardato negli occhi chi mi ha sparato, vi assicuro che non ho visto un solo e isolato individuo. Io sono morto ogni volta che voi, per favorire qualche interesse privato e arricchire qualche individuo, avete fatto traffico e mercimonio del bene pubblico. Avete armato la mano del mio killer ogni volta che avete abbassato la guardia e girato lo sguardo, e non avete contrastato e impedito devastazioni ambientali e traffici illeciti. Avete mirato al mio petto ogni volta che non siete intervenuti a tutelare i diritti e gli interessi dei cittadini indifesi, a ostacolare prepotenze e abusi dei più forti. Avete premuto il grilletto ogni volta non avete fatto nulla per impedire che prevalesse la logica del malaffare e del privilegio. E in effetti, alla fine, soltanto io mi sono preso i sette colpi in petto.

Devo dire che a me tutto questo affollato concorso a rendermi omaggio – non a un onesto e normale sindaco, ma a un martire ed eroe, e cioè a una figura tanto eccelsa da non poter essere imitata ma solo canonizzata – molto non piace. Siete addolorati per la mia triste e ingiusta fine, o sollevati per il fatto che un intransigente legalitario, troppo rigoroso per i vostri abituali standard di sicurezza, è stato tolto di mezzo? Ora state tutti a dire che lo Stato non può arrendersi e rinculare, che i malavitosi non devono affermarsi e prevalere. Ma insieme ai sette colpi di pistola che mi hanno tolto la vita, sono anche la vostra condotta rinunciataria e la latitanza ad essere state esplose e smascherate. Come volete che in un Paese come il nostro sia tollerato un piccolo sindaco del Cilento che compie rigorosamente il proprio dovere, quando i malavitosi manifesti, i capibanda denunciati, indagati, processati e condannati siedono impuniti sui più alti scranni, ricoprono prestigiosi ruoli istituzionali?

Chi si è mostrato più abile ed esperto, più cinico e duro nella pratica del delitto, oggi è assurto ai più alti gradi del potere politico. Io mi chiamo Angelo Vassallo, sono stato eletto tre volte sindaco dal popolo di un piccolo e civile paesino del Cilento. Non mi sono mai prosternato o prostituito ai potenti, a costo di apparire fuori dai ranghi e dal coro, fanatico ed eccessivo. Così ora sento di poter dire: non voglio orazioni e commemorazioni, ma che la mia fine violenta si trasformi in giuramento che ognuno fa in cuor suo nel rispettare, dovunque e in qualsiasi responsabilità e ruolo, le regole del vivere civile e della buona politica. Perché la vera rivoluzione in questo Paese consiste oggi nell’affermare che l’interesse generale viene prima di quello privato e personale, il bene pubblico sopravanza tutti gli altri, la libertà vera non è quella che favorisce la cupidigia del più forte, ma coincide con il rispetto e la tutela dei diritti della maggioranza. E le risorse del territorio – l’acqua, l’aria, il suolo, il mare, i boschi e tutta intera la natura - ci sono state prestate per lasciarle ai nostri figli migliorate, non devastate e impoverite.

Non voglio oggi essere imbalsamato in nessun onorifico e retorico Pantheon, o in-congruamente assimilato ai nostri soldati caduti in Iraq o Afghanistan. Fiero delle mie scelte, se proprio devo stare in compagnia preferisco quella di chi, per avere semplicemente cercato di fare il proprio dovere, è stato come me perseguitato e ucciso. Anch’io, come il milanese avvocato Ambrosoli, e tanti altri come lui, sapevo cosa rischiavo – senza nessuna intenzione sciocca di “cercarmela”, come invece insinua velenoso qualche mal-vivente ottuagenario senatore a vita. Io faccio parte della schiera delle vittime provocate dalle omissioni vigliacche dei molti, dei troppi che usano il loro ruolo istituzionale per scopi che lo snaturano e tradiscono. State tranquilli, io avrei preferito continuare nel mio normale lavoro nell’adempimento dei compiti del mio impegno di sindaco, nello sforzo di trasformare l’amore per la mia terra e per la mia gente in tutela, valorizzazione e cura. Ma chi avrebbe detto che anche questo normale e ovvio impegno costituisce oggi minaccia terribile per la propria vita?

Voi non sapete quanto mi costi il non potere oggi più trascorrere con gli amici in allegria una domenica, o anche una sola ora, a soddisfare la mia passione per il mare e la pesca. Pregate che la terra mi sia ora leggera, e che chi mi succede sappia meglio di me conservarne la bellezza e arricchirla.

Lasciatemi alla fine dire che chi non si pone qualche domanda come io faccio in questa lettera, vuol dire che dentro è più morto di quanto io non sia. E se così fosse, questa per il Paese sarebbe la vera tragedia.

Non più accanto a voi e vostro,