Ho visto il film argentino – “Il segreto dei suoi occhi” di Juan José Campanella – che ha vinto l’Oscar 2010 quale miglior film straniero. E’ un melò drammatico ben girato, ben recitato, ben costruito, ricavato da un romanzo di successo, con tutti i numeri e i requisiti quindi per garantire due ore di buon cinema un po’ all’antica, pieno di sentimenti forti,di passioni e di rimorsi, agnizioni e colpi di scena, ritorni al passato e al luogo del delitto. Insomma, cinema-cinema. Però non è del film che una volta tanto voglio parlare, ma proprio del cinema particolare dove mi è capitato di vederlo: l’arena all’aperto della romana Piazza Vittorio. Sapete, il quartiere Esquilino dove l’arena è collocata è diventato l’ombelico dell’incontro e dell’incrocio di tutte le razze, etnie, paesi del mondo presenti e rappresentati a Roma. Infatti, entrati a Piazza Vittorio, e per arrivare all’arena del cinema, attraversate un’ampia spianata dove si incontrano, passeggiano, giocano e chiacchierano gli esponenti di una trentina di etnie. Poi l’arena è splendida, vi trovate sotto il tetto verde di magnifici pini romani, le quinte sono costituite dalle gloriose e imponenti rovine romane dell’epoca di Mario e Silla. La platea è piena dei veri amanti del cinema di Roma, anziani in comitiva, famiglie con figli, coppie e coppiette di fidanzatini, e siccome alla proiezione non si assiste in un buio totale perché le luci arrivano lateralmente dalle strade esterne alla Piazza, avete modo di assistere a due film: quello sullo schermo, l’altro cogliendo e sbirciando sul viso di chi vi sta intorno il variare delle emozioni, l’esplodere della risata, la lacrima e il sorriso. Voi vi trovate a fare parte di una sorta di materiale e celeste corpo mistico, dentro una sola enorme pancia che alimenta all’unisono le emozioni di tutti. E credetemi, questa è la visione che io prediligo, non al buio completo come pipistrelli dentro la caverna, non in solitudine a casa davanti al televisore, ma dentro la piena magia del vero e grande cinema all’aperto, il cielo stellato come tetto e immersi nel collettivo. Poi all’uscita vi gustate un gelato o una fetta di anguria, e questo aggiunge quel pizzico di ritorno alle abitudini e ai riti dell’infanzia. E, mentre succhiate o sbocconcellate o sorbite, ascoltate le frasi e le osservazioni dei commenti degli spettatori che vi passano accanto. E anche quella, vi garantisco, nella serata di bel cinema sullo schermo e tutto intorno non è soddisfazione da poco.
Gian Carlo Marchesini