Il ragazzo con la sciarpa. Un compianto o un elogio?

Non si capisce bene chi sia. Ha una sciarpa e un cappuccio che gli ricoprono completamente testa e viso. Infatti, per un po’, è stato individuato e stigmatizzato come un odioso “infiltrato”. Pala impugnata in una mano, incongrue – o rivelatrici? - manette nell’altra, per un paio di giorni è stata quella l’immagine denunciata come conferma della presenza di forze manipolatrici esterne attive a intercettare e piegare a fini intorbidanti la manifestazione di precari e studenti. Manifestazione che per tutta la mattinata è sfilata a ranghi stretti oceanica e turbinosa, infiammata e decisa, ma assolutamente pacifica, lungo i Fori Imperiali e per il centro di Roma. Attenzione: agguerrita e furibonda, scoppiettante di cori, slogan, petardi e grida: ma senza alcun gesto di violenza vandalica cieca. E’ stato più tardi, dopo l’annuncio del voto che per qualche transfuga tardivo aveva salvato il governo, che la marea è furiosamente debordata, e alcune centinaia di manifestanti si sono travisati e fatti largo, all’interno di decine di migliaia presenti a Piazza del Popolo, per entrare in Via del Corso e metterla a soqquadro.

E lì è spuntato nel magma urlante, ma da quello come magicamente separato e sospeso, il ragazzo con la pala. Con il passare delle ore, e sulla base di confronti tra video e foto, si è scoperto che non di infiltrato doppiogiochista si trattava, non di anonimo e minaccioso mestatore, ma di un adolescente sedicenne. Ma chi è, cosa raffigura e rappresenta l’immagine di un ragazzo travisato e con pala sulle barricare della romana Via del Corso? Suo padre, si è saputo dopo, è stato negli anni Settanta uno dei leader dell’autonomia romana, anche lui presente nella fase iniziale e pacifica della manifestazione. Poi – si sa, l’età – se ne era allontanato. Ma suo figlio sedicenne era rimasto lì. A fare che, a interpretare e significare cosa?

A segnalare qualche legame e continuità con il ’68? Ma in quegli anni, quella generazione – noi – lottava per conquistare diritti e libertà, diritti e libertà allora conquistati e oggi progressivamente, drasticamente ridotti e tolti. Allora il movimento era all’attacco, procedeva in marea montante a dare spallate contro un sistema di poteri decrepito e odioso. Oggi quel sistema, rivisto, aggiornato e peggiorato, torna prepotente a riprendersi quanto allora era stato costretto a lasciare sul campo. Marchionne, che vuole allineare il lavoro in fabbrica agli standard indiani e cinesi, è una delle menti della modernizzazione tecnocratica regressiva alla sua guida. Così come Maroni e Mantovano, che vogliono impedire le manifestazioni di piazza a chi si è messo in luce per la sua combattività politica e sociale esagerata – che è come dire che va tolto il cibo innanzitutto a chi ha fame. Mentre Gasparri e La Russa, che vogliono subito una bella retata di leader della sinistra, si propongono come occhiuti e unghiuti teorici della repressione preventiva. (“Dieci, cento, mille 7 aprile”).

Il ragazzo con la pala è forse allora il filo di congiunzione vitale e fragile tra quel ciclo di lotte iniziato quarant’anni fa, e quello che i ricchi e potenti prepotenti vorrebbero definitivamente chiudere e affondare approfittando del marasma della globalizzazione e della crisi economica gravissima da loro stessi, per inettitudine e ingordigia, provocata. Il ragazzo con la pala è forse l’ultimo spiraglio rimasto aperto, il piede temerario infilato tra i battenti di un portone cigolante – avete presente La Russa ad Anno Zero? – che si sta chiudendo. E’ l’incarnazione simbolica aggiornata di quella figura di ragazza parigina che, issata sulle spalle del suo compagno, gridava “ce n’est qu’un début!”, grido che si potrebbe tradurre oggi nel meno entusiasmante ma altrettanto necessario “non ci stiamo ad accettare la fine che ci volete far fare!”.

Il ragazzo con la sciarpa e la pala sulle barricate di Via del Corso siamo tutti noi, è quello che è rimasto di congiunzione tra un passato politicamente combattivo e generoso e un residuo possibile di non del tutto ignobile futuro. E’ il “comico spaventato guerriero” come recita il bel titolo di un libro di Stefano Benni. Così come è spaventata, senza essere comica, l’umanità di questi tempi, contesa tra la proposta di resistenza e lotta dei suoi giovani figli migliori, e il blaterare televisivo iracondo e osceno dei ministri fascisti e sfascisti di questo incredibile s-governo.

Come dice il mio amico Antonio, ”il ragazzo con la sciarpa è un cucciolo che rivolgendosi al vecchio leone dice: non ti preoccupare papà, ci penso io.

E pensando a Darwin, mi piace credere che questo faccia parte dell'evoluzione della specie.”



Gian Carlo Marchesini