Marco Belpoliti e Dino Pedriali: Pasolini in salsa piccante

Con che sicurezza e scioltezza invidiabili, parlando disinvoltamente a braccio, Andrea Cortellessa, Marco Belpoliti e Walter Siti si affaccendano con acuminati bisturi a sezionare ed eviscerare il cadavere squisito di Pasolini! Dicono quello che Pasolini è stato – ne periodizzano passaggi, epoche e fasi –, dicono quello che non è stato, o che non è più, o è inutile pretendere che sia. Discettano sulla sua vita, le opere, la morte, i fasti e i nefasti della sua omosessualità. Certificano che Pasolini ha decretato la morte del sacro, del rito, del desiderio e della conoscenza. Proclamano che Pasolini ha da essere mangiato e digerito in salsa piccante, per assimilare così e definitivamente metabolizzare la sua forza, e così basta, per favore, che non se ne parli più! E intanto loro sono lì ben felici di parlarne ancora, e ancora, e ancora. E Teorema, e Petrolio, e Salò, e i fatti di Versuta e Ramuscello che stanno all’origine di tutto, e il corvo che in Uccellacci e uccellini viene mangiato da Ninetto Davoli e da Totò, e le cose migliori di Pasolini, le scintille del suo maglio, che sono Amado mio e Atti impuri. Ma vuoi mettere però le ceneri di Gramsci, gli Scritti corsari e le Lettere luterane? Ohibò, e dove mettiamo però Il Vangelo secondo Matteo e la Trilogia della Vita, poi ripudiata e affogata nelle terribili giornate di Sodoma/Salò?

E Pasolini era contro i capelloni perché lui adorava, dei ragazzi ,– oltreché beninteso il rigonfio nei pantaloni – specialmente “il colpo di pollice” della nuca, e quindi odiava l’affermarsi della moda dei capelli a cascata perché diffondeva l’immagine di un tipo di ragazzo androgino che privava il poeta della voluttà di esercitare sulle nuche adorate dei ragazzi il suo voyeuristico sguardo estetico. E la santinizzazione di Pasolini da parte della sinistra ne ha fatto un laico padre Pio, l’oracolo cui chiedere responsi su tutti gli enigmi tragici di questi tempi oscuri. E la giallizzazione della sua morte, l’efferato e feroce delitto politico, i mille risvolti e retroscena – e il capitolo Lampi sull’Eni scomparso dalla versione originaria di Petrolio, ritrovato da Dell’Utri e poi nuovamente scomparso. Ma no, ma guardate che Pasolini in realtà quel capitolo non l’aveva mai scritto, e le poche cose che sapeva le sapeva in quanto normale lettore dei giornali e dell’Espresso…

E l’omosessualità di Pasolini che è, tra le tante possibili, tutta particolare sua: e cioè quella di uno sguardo possessivo innamorato dei ragazzi, i ragazzi di Versuta e Ramuscello, di un innamorato cioè che pretende di essere amante e maestro unico e assoluto, di chi è gelosissimo e non tollera che ci sia anche una sola ragazza nei paraggi a lui alternativa e concorrente. Pasolini che non ama i gay, tantomeno se uomini adulti, ma solo ragazzi rigorosamente eterosessuali, e non omologati e livellati dall’ideologia dei consumi. Pasolini che non vuole in fatto di eros rapporti paritari, ma solo animaleschi al limite dello stupro, o celestiali e divini immersi nella luce del rito e del mito. Pasolini che sotto sotto, ma neanche tanto, l’omosessualità la disprezza, anche la propria, la considera un meno, non un più, perché sotto sotto, ma neanche tanto – questo gli rimproverava Dacia Maraini – Pasolini era anche misogino, e assimilava, come detta il vero fondo ancestrale della cultura patriarcale, il ruolo del maschio omosessuale a quello vile passivo femminile. Insomma, sulla omosessualità/pederastia del Nostro, un quadro piuttosto complicato e problematico.

E se, e ma , e però… e via pasolineggiando tra i tre esperti conoscitori che sciorinano giudizi, fatti, aneddoti, episodi nella cripta gelata della libreria Feltrinelli sotto la galleria Alberto Sordi, davanti a noi pubblico affascinato, mediamente un po’ troppo sull’anziano ragnateloso, molte le donne, pochissimi i giovani. Fino a quando, dai meandri e tra le colonne delle retrovie si fa avanti un personaggio squisitamente pasoliniano, afferra il microfono e inizia un suo personale show fatto di strepiti e urla intervallate da sonore e colorite bestemmie. Si tratta – colpo di scena sbalorditivo - di Dino Pedriali, fotografo oggi sessantenne che nel 1975 riprese, nelle stanze della torre di Chia, Pasolini nudo, ricavando del corpo dello scrittore una sequenza iconografica rimasta celebre. E ora è lì, vestito di uno sfarzo burino, a gridare con una orribile voce cigolante e rauca che il libro di Belpoliti, per la parte dedicata al commento a quelle foto, non solo non gli rende giustizia, ma anzi lo tradisce, penalizza e umilia. Anzi, a dirla intera, l’autore del libro è proprio uno stronzo bugiardo e traditore. Ma come, sulla scena e i retroscena avrebbe potuto intervistarlo, quale migliore fonte originale e autentica di lui? E invece niente, Belpoliti si era accontentato della versione di un certo Schwarz, suo rivale e nemico. E intanto Pedriali urla e inveisce agitando il microfono come una clava, al punto da temere che possa da un momento all’altro scaraventarlo sulla testa del povero Belpoliti, pallido e basito. Insomma, al di là dell’indiscutibile interesse dei contributi dei tre critici e studiosi relatori, io credo che Pasolini si sarebbe divertito un sacco all’irruzione dell’amico fotografo, così visceralmente borgataro nelle sue invettive e bestemmie che io per qualche istante ho pensato che il tutto fosse stato architettato per lanciare meglio il libro. Perché a quel punto la presentazione si trasforma in un happening con parte del pubblico che inveisce gridando, altri che implorano il silenzio, altri ancora che temendo la rissa si alzano di scatto per guadagnare lestamente l’uscita e mettersi in salvo.

Per dare il colpo di grazia e finire in bellezza, Dino Pedriali prende una copia del libro dalla teca in cui sta esposta come santa reliquia, per scaraventarla a terra e calpestarla manco fosse una serpe malefica. Insomma, al di là di ogni previsione, Pier Paolo Pasolini ha avuto in verità una cinematografica attualissima e realmente piccante presentazione. Altro che dichiararlo superato, sorpassato e postumo..!

GianCarlo Marchesini