Chiara Santagada


QUASI RUBRICA QUASI ESTEMPORANEA - ELOGIO DELLA BUGIA


Esopo ai tempi suoi scriveva:
Ὁδοιπορῶν τις ἐν ἐρήμωι εὗρε μόνην κατηφῆ ἑστῶσαν, καί φησιν αὐτῆι· «τίς εἶ;» Ἡ δ᾿ ἔφη «Ἀλήθεια.» «Καὶ διὰ ποίαν αἰτίαν τὴν πόλιν ἀφεῖσα τὴν ἐρημίαν οἰκεῖς;» Ἡ δ᾿ εἶπεν· «ὅτι τοῖς πάλαι καιροῖς παρ᾿ ὀλίγοις ἦν τὸ ψεῦδος, νῦν δὲ εἰς πάντας ἀνθρώπους ἐστὶν, ἐάν τι ἀκούειν καὶ λέγειν θέληις.» Traducendo alla buona: Un viandante incontrò nel deserto una donna che se ne stava solitaria, con gli occhi bassi, e le chiese chi fosse. Lei rispose: "La Verità". "Per quale motivo hai abbandonato la città e vivi nel deserto?". E lei: "Perché una volta erano in pochi a mentire, mentre ora la menzogna è in tutti gli uomini, qualunque cosa si dica o si ascolti". E, tanto per chiarire, il massimo favolista aggiungeva: Ὅτι κάκιστος βίος καὶ πονηρὸς τοῖς ἀνθρώποις ἐστίν, ὅτε τὸ ψεῦδος προκρίνεται τῆς ἀληθείας. Cioè: la vita è squallida e miserabile per tutti quando la bugia prende il posto della verità.


Suona bene, non c’è dubbio. Ma come la mettiamo con la mia bisnonna Anna che alle giovani parenti insegnava (ah, la trasmissione matrilineare dei saperi!): “Mai tradire il marito, ma se proprio ti capita, tu nega sempre; anche se ti coglie in fallo, tu nega sempre”, eh, come la mettiamo?
La bontà di tale scelta è ampiamente confermata dalla locuzione latina “In dubio pro reo, usata in ambito legale, dal significato letterale «nel dubbio, [giudica] in favore del colpevole». Questa frase, tratta dal Digesto giustinianeo, indica che è meglio che il giudice, quando non v'è certezza di colpevolezza, accetti il rischio di assolvere un colpevole piuttosto che condannare un innocente(1). Se lo dicevano i Romani, pragmatici com’erano, vuol dire che la cosa funzionava. E ancora funziona: madri infanticide, fidanzati omicidi, compagni di stanza assassini (per non parlare di reati minori) a sentirli sono tutti innocenti come Gesù Bambino. Non vengono forse creduti completamente, ma intanto la sfangano dall’ergastolo e sappiamo bene che qualunque condanna inferiore ad esso normalmente dopo poco si trasforma in una pacca dietro le orecchie e in un “non farlo più, ok?”.
Che c’è di strano quindi se gli appartenenti alla criminalità organizzata si comportano allo stesso modo? Se su tre di loro – interrogati in Tribunale, in nome del popolo italiano – uno dice “Tizio è colpevole”, l’altro “Tizio non c’entra per niente” e il terzo “Adesso non mi va di parlare di Tizio, sto poco bene, magari più tardi, vedremo”? Normalissimo, è così che si fa.
Poco o, più probabilmente, niente conta che lo svizzero Jean Piaget abbia spiegato, ancora negli Anni Trenta (2), che fa parte del normale sviluppo di ogni essere umano acquisire un’etica durante la fase più evolutiva della vita, l’infanzia e la prima adolescenza. L’etica non sempre va d’accordo con la filosofia, pur facendone strettamente parte. Sarà forse perché, malgrado tutte le favole che si raccontano in giro sulle gambe corte delle bugie, queste sembrano sempre pagare più della verità.

1 Da wikipedia. it.
2 Le jugement moral chez l’enfant.