Islam e animali 2 - I figli del vento del Sud


[Questa è la seconda Nota sull’argomento “Islam e Animali”. La prima, che si può trovare in queste stesse pagine, riguardava “Muezza, la gatta del Profeta”, mentre la prossima sarà sui Cammelli di Allah. Il tutto fa parte del mio Corso “Sacri Animali” presso l’UTE di Sagrado (Go).]


“Il paradiso terrestre si trova nel seno di una donna, nel profumo di un fiore e sulla groppa di un cavallo arabo”.
“L'aria del Paradiso è quella che soffia tra le orecchie di un cavallo”.
“Il cavallo è un dono di Dio agli uomini”.
Tre proverbi bastano a dire tutto l’amore di un popolo, di una cultura, di un’intera civiltà per un animale? Se la risposta è incerta, possiamo ricorrere alle leggende. Si racconta Allah abbia detto al Vento del Sud (1):

“Diventa carne compatta ed io ti trasformerò in una nuova creatura per l'onore del mio sacro Nome e per l'umiliazione dei miei nemici e per fornire un servitore a coloro i quali sono i miei sudditi" . Il Vento del Sud rispose: "Fallo, Signore". Poi Allah prese una manciata del Vento del Sud e vi alitò sopra creando il cavallo e dicendo: "Il tuo nome sarà arabo e la virtù risiederà nel ciuffo della tua fronte e nella forza nel tuo dorso. Ti ho preferito a tutte le bestie da soma giacché sono stato tuo maestro e tuo amico. Ti ho dato il potere di volare senza le ali per sferrare l'attacco o battere in ritirata. Sul tuo dorso metterò gli uomini che mi onoreranno e glorificheranno e canteranno alleluia al mio nome".

La leggenda è di origine beduina e il cavallo di cui si parla è evidentemente un essere fuori del comune. Secondo wikipedia. it

è una delle razze più antiche e più utilizzate. Cavallo nobile dal busto fine; pelle sottile ed elastica ricoperta da peli corti e lucenti. Gli zoccoli sono piccoli e durissimi; gli appiombi sono perfetti. È una razza a sangue caldo originaria della Penisola Arabica, utilizzato per creare o per migliorare alcune razze, fra cui anche il purosangue inglese. La sua origine risale al 3000 a.C. (2). Nel VI secolo d.C. i beduini praticavano l'allevamento selettivo, secondo criteri di selezione validi ancora oggi. Si formarono inizialmente sette tipologie principali, che successivamente si ridussero alle tre che ancora oggi conosciamo: l'arabo beduino (assil) rappresenta il tipo originario e si divide a sua volta in tre sottotipi: kuhailan, resistente e potente; siglavy, bello ed elegante; muniqi, leggero e velocissimo; l'arabo di pura razza è il discendente dei tre tipi appena citati, ed è quello che noi conosciamo come “arabo” (diffuso in tutto il mondo); la razza araba comprende cavalli di sangue orientale che, pur rispettando per morfologia e carattere il tipo arabo, hanno nel loro albero genealogico parentele con il berbero, con l'arabo persiano e con il siriano.

Che l’arabo sia diverso da tutti gli altri cavalli è qualcosa che balza agli occhi al solo vederlo. In effetti non si tratta di un’impressione:

La caratteristica fisica che distingue il cavallo di razza araba rispetto le altre razze è che le vertebre della sua colonna spinale non sono 7 bensì 6; da ciò deriva la compattezza del suo fisico, lasciando inalterati gli altri organi vitali. Da qui il suo impiego negli sport di resistenza come l'endurance (gare che arrivano anche a 120 km da percorrere) in cui il cuore (delle stesse dimensioni di un qualsiasi altro cavallo) deve sostenere ed irrorare un fisico più compatto di un altro cavallo, dando all'arabo una resistenza maggiore in uno sforzo minore del cuore (3).

Per gli autori del Sito el arab il Purosangue Arabo è “sinonimo di bellezza, grazia, velocità, agilità (…) E' la razza più antica e più pura esistente al mondo e la sua storia è strettamente intrecciata con i beduini, custodi supremi della continuazione della specie. Il caratteristico profilo cesellato, gli occhi prominenti e l'orgoglioso portamento sono tratti inconfondibili”. Anche qui si cita la leggenda ricordata sopra, aggiungendo che dopo averlo creato Allah lo proclamò “una delle glorie terrestri”. Altre leggende si sono sviluppate intorno alla creatura che da Dio ha ricevuto il “dono del volo senz'ali":

un alone di mistero e di misticismo circonda questo animale intorno al quale un intrecciarsi di leggende si è andato intessendo. Una di queste lo vuole discendere da sette capostipiti, scelti da Re Salomone fra i quarantamila cavalli da cocchio e i dodicimila da sella da lui posseduti, dai quali sarebbero derivate altrettante razze. La tradizione popolare lo fa invece discendere da cinque giumente che giunsero alla Mecca prima delle altre fra le ottantacinque inviate da Maometto per portare l'annuncio della vittoria.

L'Arabo è apprezzato non solo in quanto “massima espressione della bellezza che si concretizza attraverso l'armonia e l'eleganza delle sue forme”, ma anche perché “possiede tutte le qualità richieste per il difficile terreno desertico”: è di “indole affettuosa, di spirito orgoglioso, coraggioso” (4), tanto che i Beduini trattano i loro cavalli “come persone di famiglia”. In realtà quello dell’arabo è un mondo a sé, con regole e rituali propri:

Un altro aspetto unico è che è lo stallone il detentore dalla purezza della razza, al contrario delle altre razze equine dove la fattrice detiene il ruolo più importante. Ma, allo stesso tempo, possedere una giumenta è considerato estremamente importante, specialmente nell'antichità, quando durante le battaglie a cavallo i beduini preferivano cavalcare le cavalle poiché non andavano a disturbare i cavalli delle tribù avversarie.

In questo universo la purezza del sangue riveste un’importanza assoluta:

Di generazione in generazione i beduini si sono passati verbalmente i dati relativi ai cavalli. Non esistendo documenti scritti, la purezza della specie è stata mantenuta con il metodo di "riproduzione nel deserto": il concepimento nel deserto è garanzia di purezza. I beduini sono onorati di essere i supremi custodi e protettori del cavallo arabo. Nei secoli hanno custodito l'integrità della razza evitando l'incrocio con lo stallone 'kadish'. Si credeva che la fattrice, una volta "contaminata" da uno stallone non puro, non fosse più in grado di procreare un cavallo arabo puro al 100% (6).

Quali sono le caratteristiche fisiognomiche dell’arabo?

Possiede una testa piccola, a profilo camuso, con fronte larga, orecchie piccole ed appuntite, occhi grandi ed espressivi, narici ampie, labbra sottili. Il collo è lungo e ben arcuato, largo alla base e ben attaccato, ornato da una criniera lunga e folta; il garrese risulta bene staccato e asciutto, la linea dorso-lombare è dritta, il dorso breve (17 vertebre dorsali in luogo di 18), le reni sono corte e larghe, la groppa e anch'essa larga e orizzontale, la coda è attaccata alta, ricca e portata con eleganza, il petto è ben muscolato, il torace ampio e profondo, l'addome piuttosto retratto, la spalla è lunga e inclinata. Gli arti sono ben muscolati e provvisti di articolazioni larghe, i tendini sono asciutti e bene staccati, il piede piccolo.

Nel Corano è detto: “Quanti chicchi d'orzo darai al tuo cavallo, tanti peccati ti saranno perdonati" e per di più "Il Diavolo non osa entrare nella tenda che ospita un cavallo di pura razza" (6). Maometto stesso era “convinto dell'importanza militare di buoni cavalli per i suoi seguaci”. La qualità eccezionale del cavallo arabo, la purezza della sua discendenza (i cavalli di pura razza sono chiamati "asil" che nel linguaggio delle tribù arabe significa "puro"), sono dovute anche alla fede di Maometto, che – non dimentichiamolo – era di origine beduina. In effetti

Questo fiero popolo del deserto divideva il proprio cibo con i cavalli e dormiva con loro. Il cibo era scarso nell'arido deserto arabo, caratterizzato da fortissime escursioni termiche, e di conseguenza questi cavalli impararono a vivere mangiando datteri secchi, cavallette, latte di cammella e carne (…) La leggenda narra che Maometto al termine di una grande razzia nel deserto fece condurre un gruppo di 100 cavalle ad abbeverarsi. Nell'occasione il Profeta fece suonare le trombe e mentre 95 fattrici bevvero a sazietà, cinque giumente tornarono indietro al galoppo verso di lui e fu così che divennero le sue favorite.


L’ottimo Sito sfusd.k12. ca ci informa sull’uso dei cavalli nelle culture islamiche medievali, che se ne servivano – e non era una novità - per il trasporto, la guerra e le attività ludiche quali la caccia e lo sport. Le gare di corsa erano popolarissime, ma i cavalli erano indispensabili anche per il gioco del polo, detto lo sport dei re. Nato probabilmente nell’Asia centrale più di 2000 anni fa, fu inventato dagli Iranici (o forse dai Mongoli), tanto che molti manoscritti persiani ne parlano. Tra essi spicca un poema del celebre Nizami, che narra di un sovrano che giocò una partita a polo capitanando la squadra dei cortigiani contro la propria sposa che guidava le sue dame di corte.

AL BURAQ
Fin qui si è parlato di cavalli senza dubbio favolosi ma in carne ed ossa. Per comprendere meglio il rapporto dell’Islam con il cavallo ci resta da vedere la storia di un tipo di equino che nessuno, tranne il Profeta, a quanto sembra ha mai cavalcato.
Nel libro del maestro Shaykh Hisham Kabbani “ Angels unveiled - A sufi perspective” (7), a proposito del viaggio notturno (Isra) di Maometto, apprendiamo che esso ebbe inizio con la discesa dal cielo dell’arcangelo Jibril (8) accompagnato fino all’uscio del Profeta da tutti gli angeli, perché tale era la volontà divina. “Alzati, Maestro, – dissero gli angeli – e preparati. Salirai sul dorso del Buraq, la creatura celeste che ti trasporterà nel tuo viaggio fino al Signore della Potenza attraverso la patria degli angeli” (9).
Dunque il Buraq era presente, pronto per essere cavalcato dal Profeta. Infatti il testo di Kabbani continua precisando che Jibril era andato nel “paradiso dei Buraq”, i quali portavano sulla fronte una corona su cui era scritto: “Non vi è altro dio all’infuori di Dio e Maometto è il suo messaggero”. E sotto: “Credete in me, nei miei angeli, nei miei Libri Sacri e nei miei Profeti”. In mezzo a tutti i buraq Gabriele ne vide uno che se ne stava in disparte tutto solo e piangeva. L’arcangelo gli si avvicinò e gli chiese perché si comportasse così e quello rispose: “Ho udito il nome di Maometto quattrocento anni orsono e il mio ardente desiderio di incontrarlo mi ha impedito di bere e di mangiare”. E Jibril scelse proprio lui portandolo con sé, dal che possiamo arguire che il sacro animale apparteneva ad un’intera specie (i buraq) e solo dopo la decisione dell’arcangelo il suo divenne un nome proprio, simbolo da allora di amore appassionato e di devozione totale.
Ma si trattava davvero di un cavallo, come alcuni studiosi ed esegeti sostengono (10)? Per Kabbani il Buraq ha del cavallo solo il corpo, mentre la testa è umana, con grandi occhi scuri. Colorato come un pavone, ne possiede anche il piumaggio, arricchito però da rubini e coralli. Ulteriori dettagli riguardano il capo, posto su un collo di ambra e bianco come il muschio. Orecchie e spalle sono di perla unite da catenelle d’oro, a loro volta decorate con gemme splendenti. La sella del Buraq è di seta ricamata d’oro e d’argento, ma la sua groppa è di smeraldo e i finimenti di peridoto purissimo. La velocità si adatta all’aspetto di tanta cavalcatura; infatti le sue gambe arrivano istantaneamente fino a dove giunge il suo sguardo.


Secondo l’Enciclopedia Britannica, l’aspetto della creatura doveva essere più modesto; la tradizione lo descriverebbe come “un animale bianco, a metà mulo a metà asino, con ali ai fianchi”. Per contro per il Sito di wikipedia il Buraq sarebbe un po’ grifone, un po’ aquila e un po’ cavallo. Wikipedia cita anche l’hadit di Sahih Muslim in cui se ne parla come di un “animale bianco e lungo, più grande di un asino ma più piccolo di un mulo, in grado di posare il suo zoccolo dovunque arriva la sua vista”. La sua velocità è quindi quella della luce e ciò spiega come sia stato possibile a Maometto visitare tutti i Sette Cieli in una sola notte.
La storia del viaggio notturno e dell’ascesa del Profeta al cielo (Mi'raj), cui si accenna piuttosto cripticamente nel Qu’ran, ha dato l’avvio a numerose speculazioni da parte di commentatori, pensatori e mistici islamici (11). La varietà delle interpretazioni si riflette ovviamente sul Buraq, talvolta immaginato con testa di donna e coda di pavone. In breve, è chiaro che siamo di fronte ad un essere mitico che nel secolo XIV divenne uno dei soggetti favoriti della miniatura persiana (12) e turca.

(1) Dal Sito Nomade Blu
(2) In realtà c’è chi parla di una storia ben più antica, facendolo risalire – come razza selezionata – addirittura all’8000 a.C.
(3) Sito wikipedia. it.
(4) Sito gruppo ippico area berica.
(5) Sito el arab.
(6) Sito Nomade Blu.
(7) “Gli angeli svelati – Una prospettiva sufi”.
(8) Gabriele.
(9) Questa straordinaria ascesa prende il nome di Miraj.
(10) Secondo qualcuno comunque si sarebbe trattato di una giumenta.
(11) Non manca chi ritiene che il tutto sia una semplice visione mandata a Maometto durante il sonno. Di particolare interesse risultano i commenti e le interpretazioni dei Sufi, che dal XII, anche grazie al contributo della grande poesia persiana, proposero nuovi livelli di significato alla speculazione islamica.
(12) Benché l’arte islamica sia per la maggior parte aniconica, non mancano luminosi esempi del contrario.


Chiara Santagada