Chiara Santagada


IL MITO DEL CAVALLO


La storia del cavallo comincia dalla preistoria, ma la sua preistoria è molto più antica della nostra. In wikipedia. it (1) leggiamo infatti che


La serie evolutiva del cavallo inizia nel basso Eocene (2). Questo "cavallo" era circa della grandezza di una volpe, aveva una testa relativamente corta, 44 denti con molari irregolari, smussati e robusti, una schiena elastica ed arcuata e l'articolazione del garretto ancora bassa sul piano del suolo. Le gambe erano relativamente lunghe, mostrando chiaramente l'inizio di un adattamento per ottenere una maggiore velocità. Gli anteriori avevano cinque dita, solo quattro delle quali fornite di un piccolo zoccolo; il quinto dito era sollevato dal suolo. I posteriori avevano tre dita su cinque fornite di piccoli zoccoli, mentre il primo e il quinto dito non toccavano terra. Successivamente il clima si modificò, divenendo caldo e secco, molte foreste si trasformarono in pianure coperte di erba e di vari tipi di cespugli. In alcune aree queste pianure erano coperte di sabbia; un tipo di paesaggio, quindi, che somigliava l'attuale prateria.
Lentissimamente anche il cavallo cambiò: il Mesohippus camminava ormai su tre dita, sia negli anteriori sia nei posteriori. Il terzo dito era più forte degli altri, e quindi più pesante. Il primo e il quinto dito erano ancora presenti, ma erano molto piccoli. A giudicare dai suoi lombi sottili, il Mesohippus, che era alto circa 500 mm ed era un animale veloce. Un'ulteriore evoluzione generò più tardi il vero Equus, durante il Pliocene Superiore (3). L’attuale cavallo cammina solo sulla punta del terzo raggio, con il sostegno dei raggi laterali. Lo scheletro mostra un'evidente atrofia della porzione terminale dei metacarpi e dei metatarsi laterali, che persistono come strutture vestigiali, chiamate comunemente ossicini. Spesso si pensa che gli ossicini del cavallo moderno non abbiano alcuna funzione, ma in realtà svolgono ancora un importante ruolo di supporto delle articolazioni carpali (il ginocchio degli anteriori) e tarsali (il garretto dei posteriori). Durante la filogenesi, i denti del cavallo mostrarono modifiche significative. Il tipo originale di dente onnivoro, con molari corti e arrotondati, caratteristici dei primi elementi della linea evolutiva, si trasformarono progressivamente nei denti comunemente osservati negli erbivori. Parallelamente alle trasformazione dei denti, il cavallo mostrò anche un allungamento della parte facciale del cranio, accompagnata da uno spostamento all'indietro delle cavità orbitarie. Inoltre, il collo relativamente corto degli antenati del cavallo si allungò, parallelamente all'allungamento delle gambe, a causa dell'adattamento a procurarsi il cibo brucando nelle praterie. Alla fine, il corpo crebbe in dimensioni, non solo per l'abbondanza di cibo, ma anche per l'aumento della sua varietà.
E’ solo a questo punto che l’avventura del cavallo di intreccia con quella umana: siamo nella Preistoria propriamente detta.
Come mostrano i reperti rinvenuti in caverne, piccoli oggetti d'artigianato e resti ossei del Paleolitico, il cavallo selvaggio faceva parte dei tipici ungulati che vivevano nella steppa e nella tundra dell'Eurasia verso la fine dell'epoca glaciale (4). Le prime tracce di addomesticazione (5) del cavallo selvaggio provengono dall'Europa orientale, e sono della prima metà del IV millennio. I reperti archeologici che indicano la presenza del cavallo nel corso dell'età del Bronzo appaiono con sempre maggiore regolarità, pur mantenendo un'importanza numerica limitata. Il cavallo di quel periodo era di corporatura snella e raggiungeva un'altezza media al garrese di 130 cm. Il crescente valore sociale e rituale del cavallo nel corso dell'età del Ferro appare da numerosi ritrovamenti archeologici, ad esempio nella raffigurazione di cavalieri su spade. Resti ossei di epoca romana sembrano indicare che la carne del cavallo venisse occasionalmente mangiata; non si trattava tuttavia di una carne apprezzata, ed era anzi considerata scadente. Nell'alto Medioevo la tecnica bellica si modificò sotto la pressione dei popoli di cavalcatori asiatici e dell'Europa orientale: mentre il soldato semplice di fanteria perse importanza, a partire dall' VIII sec. il soldato di cavalleria assunse un ruolo centrale nello schieramento carolingio. A differenza dell'asino, il cavallo da sella godeva di grande considerazione, che si tradusse in tentativi di allevamento da parte dei signori. I primi ferri di cavallo ritrovati risalgono al IX/X sec. e, insieme a speroni e utensili dell'equipaggiamento dei cavalieri, emergono regolarmente dagli scavi di fortificazioni. Dal ceto privilegiato dei soldati di cavalleria altomedievale si svilupparono i Cavalieri della nobiltà tardomedievale. Il mantenimento costoso, l'alimentazione a base di avena e fieno in inverno e le cure particolari di cui necessitava resero il cavallo uno status symbol dei ceti elevati. Mentre il bestiame veniva allevato in genere in recinti all'aperto, il cavallo viveva in stalle, in alcuni casi rinvenute nei siti delle fortificazioni. Nell'alto Medioevo un cavallo utilitario era all'incirca tre volte più costoso di un bovino; i preziosi cavalli da battaglia avevano un valore ancora più alto.


Se facciamo un piccolo passo indietro troviamo – stranamente ma non troppo – che l’utilizzo del cavallo procede in maniera inversamente proporzionale alla sua adorazione. In altre parole
Il culto del cavallo è una pratica pagana esistente in Europa fin dall’Età del Bronzo; il cavallo era visto come una personificazione di una divinità o usato come totem e in entrambi i casi veniva periodicamente e ritualmente sacrificato. Nell’antica Gallia è attestata una vasta diffusione dell’ippofagia sacra (6).


Poiché il sacrificio del cavallo è attestato presso la maggio parte dei popoli indoeuropei, è chiaro che esso si presenti in molte forme e finalizzato a scopi diversi. In certi casi avveniva in un contesto funerario: l’animale era ucciso e sotterrato assieme al defunto. In altri casi il sacrificio attesta l’unione mistica tra il cavallo e la regalità; spesso implicava le nozze sacre (ierogamia) tra il sovrano e la giumenta divina. Il più conosciuto tra questi riti è l’ Asvamedha dell’India vedica. In primavera si sacrificava uno stallone (bianco o grigio), specialmente abile nel tiro di un carro da guerra (dal lato destro). Dopo l’uccisione l’animale era diviso in parti che si distribuivano tra le varie divinità. Anche i Romani conobbero una pratica analoga, celebrata tra settembre e ottobre in onore di Marte. I Celti d’Irlanda sacrificavano invece una cavalla, dopo il simulato accoppiamento con il re, che ne consumava le carni cotte nel magico calderone. Nella Gallia di epoca romana risulta molto diffuso il culto di Epona, la dea giumenta. Anche più truculenti risultano i rituali degli antichi Norreni, con l’adorazione del pene e della testa mozzati allo stallone sacrificato.
Il culto fu particolarmente diffuso presso le popolazioni nomadiche dell’Eurasia. Tacito nella “Germania” riferisce che

E’ peculiare di questo popolo ricavare presagi dai cavalli. Questi, tutti bianchi come il latte, vengono nutriti a spese dello Stato in boschi sacri e non vengono impiegati per nessun altro scopo. Li aggiogano a carri altrettanto sacri e, accompagnati dai re e dai sacerdoti, li si studia in ogni minimo gesto o comportamento.


In quanto all’antica Grecia, c’è ragione di credere che Poseidone, come altre divinità collegate all’acqua, fosse in origine pensato sotto forma di cavallo. Nell’arte greca è solitamente rappresentato alla guida di un cocchio tirato da ippocampi e talvolta i marinai offrivano al dio un cavallo in sacrificio per propiziarsi una buona navigazione e un felice ritorno.
Inoltre, secondo la tradizione, in una grotta dell’Arcadia Demetra era raffigurata con la testa equina; forse l’immagine è da collegare al mito che vede la dea – impegnata a sfuggire alle avances di Poseidone – trasformarsi in giumenta: invano, perché fu riconosciuta e posseduta dal dio (suo fratello) trasformatosi in stallone. Il figlio che ne nacque fu Arione, cavallo immortale e capace di parlare.
Altri accoppiamenti equini messi in atto dagli dei sono celebrati nei miti: tra gli altri quello tra Crono e la ninfa Filira da cui ebbe i natali il centauro sapiente Chirone, nonché quello il cui il dio Loki (7), trasformatosi in cavalla, diede alla luce il puledro a otto zampe Sleipnir, montato poi da Wotan che se ne servì per viaggiare tra i Nove Mondi.
Ancora in Grecia, sappiamo che il dio della guerra Ares conduceva un carro tirato da quattro cavalli immortali, spiranti fuoco e fiamme. Simili i cavalli di Achille Balio e Xanto, che piansero alla morte del loro auriga Patroclo. In quell’occasione sembra che uno dei due, Xanto, abbia profetizzato la prossima dipartita di Achille. Famosissime anche le cavalle di Diomede, il re trace cui Heracle doveva rubarle per compiere la sua ottava Fatica. Erano bestie antropofaghe ed Heracle diede loro in pasto il re sconfitto. I più illustri tra i cavalli greci erano però probabilmente i quattro addetti al carro di Helios (in seguito Apollo), il Sole: essi devono la loro fama soprattutto alla triste storia di Fetonte (il Risplendente), figlio di Helios e della ninfa Climene.


Anche il carro di Poseidone, come detto, era tirato da cavalli (con la parte posteriore di pesce, però): si dice che il dio abbia addirittura creato la specie quando competeva con Atena su chi dovesse diventare il patrono della città di Atene (8). Ancora Poseidone ebbe a che fare con un altro cavallo famoso, l’alato Pegaso, che nacque da Medusa da lui sedotta e in seguito decapitata dall’eroe Perseo. Infine, il carro di Zeus era tirato dai quattro venti stessi (9) sotto forma di cavalli bianchi, mentre quelli di suo fratello Hades erano naturalmente neri, come l’eterna notte della morte.


1 Questa citazione e le seguenti non sono letterali, bensì estratti sintetici.
2 L’ Eocene è un'epoca del periodo Paleogene che va dai 55 ai 34 milioni di anni fa circa.
3 Il Pliocene copre l'arco di tempo compreso fra 5,2 milioni di anni fa e 1,8 milioni di anni fa.
4 Sito Dizionario Storico della Svizzera.
5 L'addomesticamento è inteso come un processo che l'uomo mette in atto scientemente per perseguire scopi propri (esclude quindi, per esempio, casi di simbiosi o altre relazioni indesiderate per l'uomo, come quello con i pidocchi o determinati virus). Gli scopi per i quali l'uomo addomestica una specie possono essere estremamente vari. Alcuni animali sono stati storicamente addomesticati per essere usati come mezzo di trasporto di persone o cose (cavallo, asino, cavallo, cammello, elefante); altri per essere usati come cibo; altri per ricavarne materiali pregiati (per esempio la lana dalle pecore o la seta dai bachi); altri semplicemente per intrattenimento o compagnia; ma questo elenco di motivazioni non è certamente esaustivo. Nella maggior parte dei casi, l'addomesticamento di una specie persegue più di uno scopo (Sito wikipedia. it).
6 Da wiki. org.
7 Nella mitologia norrena.
8 Il dio del mare fu sconfitto perché la dea creò l’ulivo.
9 Come si vede, l’associazione cavallo – vento non appartiene solo alla cultura araba.