NOTA PRENATALIZIA - LA PITTURA ANGELICA.
L’ingresso degli Angeli nel
regno dell’arte non è stato del tutto pacifico. Agli
esordi del Cristianesimo si pose per esempio il problema delle
immagini sacre, che non riguardava solo gli Angeli ma anche i
Santi, Maria e Gesù stesso. Il divieto veterotestamentario
di raffigurare il Divino, estendendosi alla nuova religione, portò
a conflitti anche aspri tra le due parti, gli iconoclasti da un
lato e gli iconofili dall’altro. Per nostra buona sorte
prevalsero i secondi: in caso contrario la storia dell’arte
ne sarebbe risultata terribilmente immiserita. Ciò è
vero per i cicli agiografici, per le infinite Annunciazioni,
Natività, Crocifissioni, Assunzioni che popolano l’arte
occidentale degli ultimi duemila anni; e lo è forse anche di
più per gli Angeli, che hanno sempre ispirato potentemente
gli artisti. Questi ultimi sono, sembra, creature un po’
speciali, in cui lo Spirito soffia con maggiore energia o forse
sono loro che, ipersensibili, lo avvertono di più. E’
possibile che per essi si schiudano i mondi sottili, preclusi alla
maggior parte degli umani, tanto da permettergli di vedere
(percepire, intuire) presenze reali ma solitamente inaccessibili ai
sensi comuni. Una significativa prova indiretta ci viene dal fatto
che gli Angeli delle diverse civiltà sono stati
rappresentati con panni adatti al tempo e al luogo: il look
angelico illustrato dagli artisti di norma è consono alle
circostanze contingenti in cui sono avvenuti i contatti. Come si
legge nel Sito in lingua spagnola angeles.org
“Gli Angeli sono i soli
esseri rappresentati plasticamente nel culto del popolo ebraico,
presso il quale svolgevano anche l’ufficio di custodi
dell’Arca dell’Alleanza. Uno dei più antichi
elementi nella rappresentazione degli Angeli fu l’incorporazione
delle ali anche se spesso ne appaiono privi. Gli abiti degli Angeli
sono molto simili a quelli dei Santi, anche se – sempre più
spesso a partire dal Rinascimento – talvolta appaiono nudi
(1). In altre occasioni, per simboleggiarne l’incorporeità,
sono rappresentati da una piccola testa ornata di ali. Durante il
periodo romanico gli Angeli furono rappresentati in molti codici;
in particolare sono numerosissimi nelle miniature carolinge. Una
delle rappresentazioni più frequenti è quella degli
Angeli suonatori, specialmente nel Rinascimento, tra cui quelli
bellissimi quelli di Melozzo da Forlì”.
In ogni modo è evidente
che gli Angeli sono stati, nell’Era cristiana, tra i soggetti
(e i modelli: da questo punto di vista, forse avrebbero diritto ad
una paga sindacale) preferiti dai pittori, particolarmente in certe
epoche del passato, pur con molte importanti eccezioni in tempi a
noi vicini. Va anche rilevato che non sempre gli Angeli si sono
limitati a fornire ispirazione agli artisti. Talvolta hanno messo
mano direttamente ad opere che ovviamente sono diventate subito
oggetto di culto pubblico. Per esempio nella Basilica del Laterano
c’è un di Cristo detto Acheropita (2) perché
ritenuto dipinto dagli Angeli. Nel Duomo di Rossano Calabro si può
invece ammirare un'icona della Vergine che sembra sia stata
realizzata in Paradiso.
Se non mancano esempi di Angeli
pittori, certo il loro impiego come personaggi dei dipinti è
di gran lunga più cospicuo. Basti pensare ai tanti
meravigliosi nomi il cui contributo all’iconografia angelica
ha segnato le epoche della storia dell’arte: Botticelli,
Michelangelo, Raffaello, Leonardo, Piero della Francesca,
l’Angelico, Masaccio, Cimabue e Giotto, inarrivabile
interprete della psicologia celeste e tanti, tanti altri. Le loro
opere sono popolate di Angeli: alcuni rinomati, altri oscuri e
anonimi, tutti sempre bellissimi, commossi e commoventi. Due di
essi si contendono il primato di apparizioni artistiche: Gabriele e
Michele. Pur senza aver elaborato una vera e propria statistica,
crediamo che il record sia detenuto da quest’ultimo.
Generalmente Michele viene rappresentato nella sua veste di capo
degli eserciti celesti durante la guerra contro Lucifero e gli
altri ribelli, ma non di rado è stato visto dai pittori di
ispirazione cristiana anche nell’atto di espletare un’altra
importantissima funzione, eredità di un passato illustre e
mai dimenticato, l’antico Egitto. Ci riferiamo naturalmente
alla psicostasia o giudizio delle anime. Non fa meraviglia
constatare che San Michele ha ereditato il ruolo di Anubis e di
Thot - omologo egizio del greco Hermes. L’identificazione di
quest’ultimo con l’ebraico-cristiano Mi Ka El fu
precoce e spontanea. La successiva elaborazione delle
corrispondenze ha dato vita a opere d’arte straordinarie,
ricche di informazioni che contrastano, ma solo in apparenza, con
la altre caratteristiche del personaggio.
Nel Giudizio Finale di Hans
Memling, dipinto emblematico in tal senso, vediamo in alto alcuni
Angeli musicanti i quali si dedicano con speciale entusiasmo
all’attività preferita, che in questo caso ha anche un
effetto non secondario: il suono della tromba risveglia i defunti
che, in basso, risorgono con aria stupefatta, completi di carne.
Naturalmente, sia detto per inciso, sono nudi, mentre l’Arcangelo
è completamente rivestito da un’elegantissima armatura
rinascimentale. Il volto squisito – ornato da una
fiammeggiante, ricciuta capigliatura - non rivela altre emozioni al
di
fuori di un’intensa concentrazione. Di particolare
rilievo le ali che, somigliando a quelle di un uccello da preda
(potrebbe trattarsi di un falco pellegrino) sono double-face, nere
all’esterno e internamente bianche: probabile allusione
all’incarico - svolto con grande zelo- di vagliare, cioè
discernere, il bene dal male. Ai lati dell’immane figura –
le cui proporzioni sono sapientemente messe in rilievo da quelle
dei risuscitati – alcune scenette rendono più
tangibile ciò che sta avvenendo. In secondo piano alla
sinistra di chi guarda (3), un Angelo e un diavolo si contendono
un’anima, che evidentemente, a giudicare dallo sguardo e
dalla smorfia, si sente piuttosto a disagio. Intanto, alla destra,
altri diavoli si danno da fare a raccogliere e organizzare i
dannati, invero abbastanza numerosi. Da notare la nera bruttezza
dei demoni, che contrasta, esaltandola, con la solare bellezza di
Michele. Imperturbabile e sereno come si conviene, egli svolge,
mutatis mutandis, il compito che già fu di Anubis: pesa le
anime. In questa scena centrale l’artista si è
concesso un po’ di libertà rispetto alla tradizione
egizia, ponendo su ciascuno dei piatti un resuscitato diverso e
costringendo così l’osservatore a confrontare
l’atteggiamento pio e casto – malgrado la nudità
– della donna con quello contorto e riottoso dell’uomo.
Non è difficile a questo punto prevedere a favore di chi
penderà la bilancia.
(manca immagine)
Il dipinto
su tavola qui riportato è certamente uno dei ritratti
migliori dell’Arcangelo Michele, moderno e inquietante nella
sua essenzialità. La rinuncia compiuta dall’autore –
un non meglio identificato Maestro di Cassano (4) – nei
confronti di ornamenti e orpelli , includendo tra questi anche i
personaggi secondari, conferisce alle immagini superstiti un che di
definitivo e tragico veramente grandioso, come del resto la voluta
povertà della tavolozza. Con una virtù di sintesi
eccezionale, il pittore concentra in un unico gesto tutte le
principali funzioni di Michele il quale, reggendo con una mano
sensibile e delicata la bilancia, con l’altra brandisce la
spada, la cui punta micidiale è però rivolta in alto
a indicare che la battaglia è ormai vinta. Un senso di
stanchezza estrema pervade del resto l’atteggiamento di
Michele: benché trionfatore egli non esulta, perché
la sconfitta dell’Avversario ha imposto un prezzo altissimo.
In quando a lui, Satana, giace atterrato e inerme, ma non rinuncia
alle velleità di rivalsa e scuote sinistramente uno dei
piatti della bilancia.
Col passare dei secoli l’arte non
ha affatto perso il proprio interesse per gli angeli. Gli alati
messaggeri, dopo aver attraversato in lungo e in largo tutti i
Rinascimenti europei, hanno superato trionfalmente il Barocco e il
Settecento, approdando poi felicemente all’Ottocento e
ottenendo una popolarità nuova e forse inaspettata anche nel
Novecento, ovviamente trasmutatisi in qualcosa di molto diverso
rispetto agli inizi della loro carriera nelle arti figurative.
Basterà pensare agli Angeli di Klee e di Chagall:
obiettivamente non hanno molto in comune con quelli di Duccio o del
Caravaggio. Eppure sono ancora Angeli, parlano ancora lo stesso
linguaggio, anche se l’uomo di oggi non sembra più in
grado di comprenderlo.
1 Soprattutto gli Angeli
Caduti.
2 “Fatto da mano non umana”.
3
Corrispondente alla destra di Michele; anche il paesaggio idilliaco
conferma che ci troviamo davanti, quanto meno, all’anticamera
del Paradiso, mentre alla sinistra dell’Arcangelo il rude
panorama roccioso richiama tutt’altro ambiente.
4 L’ignoto
autore apparteneva probabilmente alla cerchia – di formazione
lombarda ed ispano-romana – dello Pseudo Bramantino.