Per la serie SACRI ANIMALI - CAMMELLI E DROMEDARI (prima parte)
Una leggenda dei pastori nomadi del
Gobi riferisce che
molto tempo fa , il solo vero Dio, Allah
il Possente, volle mettere alla prova Abramo, il suo servitore
favorito. Così mandò un angelo giù dal cielo e
appena questi si posò sulla terra si mutò in un
derviscio (un sant’uomo itinerante che vive di elemosina) e
raggiunse il Patriarca Abramo. Quando il derviscio gli fu dinnanzi
si inchinò e disse: “Salve, Abramo. Sono un
mendicante. Dammi, per l’amore di Dio, una piccola parte
della tua ricchezza che è senza limiti”. Per venti
giorni Abramo beneficò il derviscio e gli fece doni molto
generosi. Gli diede mille pregevoli animali ogni giorno, il primo
giorno pecore, il secondo capre, il terzo giorno yak, il successivo
cavalli, quello dopo cammelli e così via. Alla fine Dio
chiese all’angelo se Abramo fosse generoso e quegli, che
doveva dire sempre la verità, rispose che Abramo gli aveva
dato tanto che ormai tutti i pastori e le greggi non erano più
di sua proprietà. Dio ne fu compiaciuto e disse “Restituisci
ogni cosa al mio fedele servitore, con in più un sacco d’oro
sulla schiena di ciascun cammello”. Così il derviscio
ritornò nella tenda del santo Abramo, con gli angeli che
camminavano davanti e dietro a lui e ogni angelo conduceva un
cavallo; pecore a centinaia correvano tra gli zoccoli dei cavalli,
seguite da capre innumerevoli. Ogni pecora portava un collare
prezioso, ogni capra un sonaglio, ogni yak una ricca sella, ogni
cavallo una bardatura del cuoio più fine con ricami di lana
colorata. In quanto ai cammelli, ciascuno recava una cassa piena
d’oro, grande quanto la poteva sostenere e di tutte le bestie
da soma è il cammello che può portare il carico più
pesante. Abramo, nella sua grande generosità, esitava ad
accettare la restituzione degli animali e disse: “Quando ho
donato qualcosa, come posso chiudere di nuovo la mia mano?”
Il derviscio, turbato, portò questa risposta a Dio e questi
ordinò che tutti gli animali fossero lasciati liberi di
vagare a proprio piacimento, cosicché l’umanità
affamata potesse ucciderli e nutrirsene quando occorreva. Gli
animali mutarono la propria forma trasformandosi in bestie
selvatiche, ma poiché tutti gli uomini inseguirono i
cammelli a causa dell’oro che avevano sulla schiena, essi non
ebbero il tempo di trasformarsi e si rifugiarono nei luoghi più
desolati del deserto. Ogni volta che uno di essi si chinava per
bere l’acqua di un fiume l’oro che aveva sulla schiena
vi scivolava dentro: così nacquero i fiumi auriferi del
Gobi. E ogni volta che un cammello saliva su un rilievo montuoso
scivolava perdendo un po’ del suo carico, perché i
cammelli non sono buoni arrampicatori, e così nacquero le
miniere d’oro delle montagne.
Il poetico racconto dice molte
cose sui cammelli e sul loro habitat, il deserto, notizie
confermate dalla storia di questa famiglia (gli Artiodattili =
numero di dita pari) di mammiferi (1) cui appartengono anche il
dromedario, il lama, l’alpaca, la vigogna. Insieme sono
conosciuti come Camelidi e mostrano numerose caratteristiche in
comune con i Ruminanti. Lo stomaco dei Camelidi risulta diviso in
tre concamerazioni: rumine, reticolo e abomaso di cui solo l’ultimo
è un vero e proprio stomaco ghiandolare secernente succhi
gastrici; nelle pareti del rumine sono presenti celle acquifere,
cavità che permettono l'accumulo di riserve d'acqua
prelevate dall'alimento ed essenziali per la sopravvivenza negli
ambienti aridi. Prove paleontologiche attribuiscono l’origine
dei Camelidi al Nord America, da cui nel Pliocene (tra 5,2 e 1,8
milioni di anni fa) iniziarono le migrazioni in Sudamerica ed in
Asia. Ai giorni nostri il genere Camelus è presente allo
stato domestico nel Vecchio Mondo, dal Nord Africa all’Asia
Centrale ed è stato recentemente introdotto dall'uomo anche
nelle zone desertiche degli Stati Uniti e dell’Australia.
L’adattamento dei Camelidi agli ambienti in cui vivono è
uno dei miracoli della natura, a cominciare dalle loro zampe che
hanno soltanto due dita unite tra loro da una callosità e
provviste di cuscinetti elastici che permettono un'andatura
digitigrada grazie alla quale non sprofondano nella sabbia; inoltre
la lunghezza degli arti tiene il corpo lontano dal suolo, impedendo
colpi di calore durante le giornate roventi del deserto. Le
dimensioni variano ampiamente all'interno della famiglia. Oltre che
per la grande mole, il genere Camelus differisce dai restanti
Camelidi per la presenza della vistose gobbe dorsali (due nel
cammello, una nel dromedario). Il cranio, di forma allungata e
privo di corna, porta occhi molto grandi, con pupilla allungata
orizzontalmente. L'udito è molto sviluppato malgrado le
orecchie piccole; il corpo presenta – soprattutto nel caso
dei Cammelli battriani - un pelo ruvido e talvolta molto
lungo.
Anche questi dettagli anatomici contribuiscono in larga
misura alla resistenza della specie luoghi particolarmente severi
ove la sopravvivenza è minacciata sia dalla forte escursione
termica giornaliera sia dalla difficoltà di recupero delle
risorse idriche ed alimentari e a quella di respirazione a causa
dai forti e continui venti sabbiosi che regnano incontrastati,
modellando un ambiente povero di barriere montuose. Nonostante
tutte queste avversità, i cammelli riescono a vivere
tranquillamente e a fare lunghi viaggi, trasportando grossi pesi e
senza nutrirsi per parecchi giorni. Tutto ciò grazie a
numerosi adattamenti evolutivi, tra cui spiccano le curiose gobbe
che non sono, come molti pensano, cisterne d'acqua bensì
riserve adipose che permettono agli animali di rimanere molti
giorni a digiuno e senza bere. Un altro adattamento alla
limitatezza delle risorse è anche la capacità di bere
in pochi minuti grandi quantità d'acqua (anche 135 litri in
10 minuti) ripristinando velocemente l’equilibrio idrico; in
più, grazie alle celle acquifere nella parete del rumine, un
gran volume d'acqua viene inizialmente accumulato nello stomaco per
poi essere rilasciato lentamente. E poiché in generale gli
organismi perdono una certa quantità d'acqua con
l'escrezione dell'urina e l'espulsione delle feci, i Camelidi dei
deserti possiedono reni molto capienti, dove l'urina viene
concentrata in grandi quantità e, con il riassorbimento
dell'acqua filtrata, risulta molto densa. Anche l'acqua dei loro
escrementi viene riassorbita e perciò le feci vengono emesse
secche, cosicché possono essere immediatamente impiegate
dall'uomo come combustibile.
Il cammello battriano è
più grande del dromedario, raggiungendo i 3-4 metri di
lunghezza, mentre l'altezza da terra alla punta della gobba
raggiunge anche i 3 metri. Il battriano pesa in media 400-500 kg,
ha un folto pelame che diventa particolarmente lungo nella zona
inferiore del collo. Vive nelle zone desertiche e steppose
dell'Asia centrale, tra l'Anatolia e la Mongolia. Fu introdotto in
Italia all'epoca romana come animale da soma, da guerra e da circo
e fu utilizzato saltuariamente fino al '700. I cammelli battriani
vivono di solito in branchi di una ventina di esemplari con a capo
un maschio; animali forti e resistenti, sono in grado di
trasportare carichi fino a 4,5 quintali, quindi pari più o
meno al proprio peso. Possono camminare anche per 24 ore
consecutive, ad una velocità massima di 4 km orari,
percorrendo fino a 50 km al giorno. Sopportano escursioni termiche
da -20° a oltre 50° gradi centigradi. La gestazione dura 13
mesi e di solito viene partorito un solo piccolo. Il cammello è
utilizzato per la carne, il grasso, il latte, la lana e come
animale da trasporto. Quasi tutti i cammelli sono oggi animali
domestici ma in Mongolia, e in particolare nel Deserto dei Gobi, vi
sono alcuni esemplari selvatici. Ed è proprio dall’area
del Gobi che provengono alcune delle leggende più belle sul
cammello, come la seguente, chiaramente collegata all’astrologia
cinese (2):
PERCHÈ IL CAMMELLO SI ROTOLA NELLA
POLVERE
Moltissimi anni fa il Buddha decise di assegnare un
animale a ciascun anno dei dodici del calendario. Quando ne ebbe
assegnati undici si fermò per valutare bene chi dovesse
sovrintendere al dodicesimo e ultimo anno. Sentendo ciò il
Cammello e il Topo, nessuno dei quali era stato scelto, si
precipitarono dal Buddha. Inchinandosi rispettosamente ognuno
presentò se stesso come valido candidato, mentre il Buddha
ascoltava in silenzio. Quando gli elaborati discorsi terminarono il
saggio Buddha, che non desiderava offendere né l’uno
né l’altro dei due utili ed entusiasti animali, li
invitò a risolvere in amicizia e onestà la questione
tra di loro. Il grosso Cammello e il minuscolo Topo, dopo aver
discusso e dibattuto a lungo, finalmente si misero d’accordo:
il primo dei due che all’alba del giorno dopo avesse visto la
luce sarebbe stato il vincitore e sarebbe entrato per sempre a
tutelare il dodicesimo anno del calendario mongolo. Quella note,
nell’oscurità, nel mezzo di una vasta, aperta pianura,
il Cammello prese posizione verso l’Est. Il Topo, che aveva
chiesto al Cammello di potergli salire sulla groppa, fissò
invece lo sguardo su una lontana montagna coperta di neve, verso
Ovest. Con gli occhi spalancati, i due animali rimasero
ansiosamente ad aspettare il momento decisivo. All’alba,
mentre la grande sfera incandescente saliva lenta nel cielo, un
sottile raggio brillò sulla cima innevata della montagna ad
Occidente. Il Topo squittì: - Eccolo! Vedo il sole! Ho
vinto! – Che cosa? – gridò il Cammello, il quale
sapeva bene che il sole sorge ad Oriente. – Piccolo
imbroglione, hai barato! La pagherai!
Il Topolino terrorizzato balzò
giù dalla gobba del Cammello cercando rifugio in un cumulo
di sabbia lì vicino mentre il Cammello tentava di
acchiapparlo. Adagiò il proprio pesante corpo al suolo e
cominciò a rotolarsi avanti e indietro, nella speranza di
schiacciare il topo con il peso. Quel giorno non ci riuscì,
ma era sicuro che sarebbe riuscito a farcela, una volta o l’altra.
Ancora oggi, quando vede un mucchio di polvere pensa che possa
esservi nascosto il Topo e allora sbuffa, punta i piedi, si stende
e si rotola da tutte le parti cercando di appiattire il suo piccolo
rivale. Comunque fu così che il Topo entrò nel
calendario mongolo mentre il Cammello ne fu escluso. Dispiaciuto
per lui, il saggio Buddha gentilmente gli promise che non sarebbe
stato dimenticato. In effetti il cammello fu in certo modo
rappresentato nel calendario perché possiede una
caratteristica di ciascuno dei dodici diversi animali: ha le
orecchie del Topo, il ventre del Bufalo, i piedi della Tigre, il
naso della Lepre, la criniera del Cavallo, gli occhi del Serpente,
il corpo del Drago, la lana della Pecora, la cresta del Gallo, le
zampe del Cane e la Coda del Maiale. E ciò rende il cammello
molto felice.
Il Cammello battriano è considerato
specie in pericolo, ma negli ultimi anni viene utilizzato anche a
scopo ornamentale ed allevato all'interno di parchi ed aziende
agricole o agrituristiche.
Il Camelus dromedarius è
invece ancora molto diffuso in Asia, Africa Settentrionale, in
India, in gran parte dell'Asia Minore e, per intervento umano, in
Australia (3) (nel Medioevo anche nella Sicilia Musulmana e in
Andalusia). E’ assai probabile che sia stato addomesticato
nella Penisola Araba tra il V e il IV millennio a.C. Qui esso
divenne cavalcatura, animale da soma, produttore di latte, carne e
pelle: prodotti essenziali ai beduini che conducevano una vita
nomade nella steppa (bādiya) e nei deserti rocciosi ( sakhrā')
o sabbiosi (raml) peninsulari, tanto che gli studiosi credono che
senza tale addomesticamento la vita umana in quegli ambienti
sarebbe stata decisamente più limitata e difficoltosa.
Secondo un noto adagio l'uomo sarebbe così diventato il
parassita del suo dromedario che, con altrettanto nota espressione
araba, fu definito safīnat al-barr, ovvero "nave del
deserto". Il manto del dromedario può assumere le più
diverse sfumature del beige, giungendo a tonalità assai
scure, fin quasi al nero, o, al contrario, assai chiare, fino al
bianco. Rinomate sono le femmine, anche per la loro capacità
lattifera e per il carattere meno irrequieto. Quanto al lessico, il
vocabolario arabo contempla circa 160 sinonimi per identificare i
dromedari in funzione del sesso, dell'età o del colore del
manto. L'arco di vita del dromedario giunge fino ai 40-50 anni.
Purché il terreno non sia troppo accidentato, è in
grado di percorrere fino a 150 km in 15-20 ore, a una velocità
che può oscillare fra gli 8 e i 20 km orari, sopportando un
carico che può arrivare a 150-200 kg. La sua peculiarità
più conosciuta è la capacità di resistere alla
sete fino a circa 8 giorni, a causa della particolare struttura del
suo organismo. La traspirazione, già di per sé assai
limitata per via della particolare struttura dell'epidermide, può
essere ancor più rallentata dall’ingestione di
vegetali spontanei della steppa, talmente ricchi di sali minerali
da avvelenare qualsiasi essere umano. Dotato di udito e olfatto
oltremodo fini (i nomadi ne lodano anche la vista), il dromedario
può avvertire la presenza di acque sotterranee tanto da
rendere preziosi servigi in ambienti aridi.
In tempi
relativamente recenti il dromedario viene impiegato anche come
animale da corsa.
Rinomata la razza sud-arabica
della regione del Mahra, che dà origine al dromedario da
corsa chiamato appunto mehari e ai corpi cammellati militari
definiti meharisti. Nei paesi del Golfo Persico sono organizzati
percorsi rettilinei (il dromedario non ama effettuare in corsa
rapide evoluzioni o curvare) della lunghezza fino a 28 chilometri
per gare che richiamano un gran pubblico di appassionati. La
riottosità dell'animale alle evoluzioni non lo rende in
genere ideale (al contrario di quanto si crede) per l'impiego
bellico e ad esso si è preferito, quando possibile, il
cavallo. Nelle età antiche della civiltà araba i
guerrieri giungevano pertanto sui luoghi della battaglia cavalcando
il dromedario e trascinandosi dietro il cavallo, per montare questo
al momento del combattimento.
Se si cercano notizie sul
cammello si trovano istruttive differenze nella trattazione
dell’argomento quando si visitano Siti di matrice islamica.
Per esemplificare ciò seguiremo l’articolo “Un
Animale Speciale al Servizio dell’uomo: Il Cammello”
(di Harun Yahya), tradotto appositamente dal Sito
themodernreligion. com.
E’ indubbio che tutti gli
animali rispecchiano l’infinito potere e conoscenza di Chi li
ha creati. Tale concetto è espresso di molti versetti del
Corano (…) Nel v. 17 del Capitolo Al Gashiya (LA Sura 88 del
Corano) si invita il credente a riflettere sulla perfezione del
cammello, che è accostata a quella del cielo, delle montagne
e della terra:
17. Non riflettono sui cammelli e su come sono
stati creati,
18. sul cielo e come è stato elevato,
19.
sulle montagne e come sono state infisse,
20. sulla terra e
come è stata distesa?
Il testo sacro invita dunque i
credenti a considerare l’animale alle stregua delle più
importanti creazioni divine, dato che ogni caratteristica del
cammello è perfetta, a partire dalla
sua stessa
struttura fisica, capace di resistere per molti giorni senza acqua
né cibo, anche con grossi pesi sul dorso. Con ogni evidenza
il cammello è stato creato apposta per i climi aridi e per
rendersi utile al servizio dell’uomo. Nel Corano si afferma:
“In verità, nell’alternanza della notte e del
giorno, come in tutto ciò che Allah ha creato, in cielo e in
terra, vi sono segni per coloro che lo temono” (Yunus, 6).
Nel cammello i segni della provvidenza di Allah si presentano in
modo particolarmente evidente: i piedi sono adatti ad ogni tipo di
terreno (…) Le ginocchia sono ricoperte dal “callo”,
composto da pelle dura e spessa come corno. Quando l’animale
giace sulla sabbia ardente, il callo lo protegge dall’eccessivo
calore (…) Le ciglia sono disegnate come due pettini che si
possono saldare insieme e si chiudono ermeticamente in caso di
necessità, così da non far passare neppure un
granello. Naso e orecchi sono coperti da lunghi peli, mentre il
lungo collo mette l’animale in grado di raggiungere le foglie
fino a 3 metri di altezza.
E’ evidente in questo
articolo, accanto alla precisione scientifica, l’impostazione
teocentrica (e sotto sotto antropocentrica) di chi l’ha
redatto. Antropologicamente più rilevante appare invece il
Sito Nabatea.net, che tratta comunque di storia antica:
Per
secoli i Nabatei (4) hanno spostato mercanzie attraverso il deserto
con le carovane di cammelli, che costituivano la spina dorsale del
loro commercio; perciò solo comprendendo questo animale
possiamo comprendere bene i Nabatei. Essi sono conosciuti in
Occidente per l’antica città di Petra, ma hanno anche
inciso petroglifi in molti luoghi rocciosi e soprattutto sulle
pareti dei wadi del Medio Oriente. Molte graffiti fanno riferimento
– mediante scrittura o per immagini - ai cammelli, intorno ai
quali ruotava la vita dei mercanti del deserto.
Ricordiamo
che quando ci si riferisce ai cammelli in ambito mediorientale e
nordafricano si tratta sempre di dromedari, cioè dei
cosiddetti Cammelli Arabi. Di derivazione araba sono anche le
leggende relative all’origine di questi animali. Secondo i
Beduini, infatti,
sarebbero stati gli Ebrei i primi ad
usarli nell’antichità. La leggenda dice che gli Ebrei
abitavano sulle montagne di Hijaz e i Beduini invece nel deserto.
Questi ultimi avevano addomesticato i cavalli e li montavano nei
loro viaggi, ma evitavano le montagne per paura di perdere
l’orientamento. Una volta però decisero di fare una
scorreria tra gli Ebrei perché avevano una guida che
affermava di conoscere ogni sentiero e ogni passo delle montagne.
Ma i Beduini erano appena entrati nel territorio montagnoso che la
guida perse la strada ed essi cominciarono a vagare smarriti. Dopo
alcuni giorni decisero di uccidere alcuni cavalli per cibarsene.
Infine incontrarono un viaggiatore che durante la notte li condusse
al luogo pianeggiante in cui vivevano gli Ebrei. Di fronte alle
tende c’erano strani animali, i cammelli, che i Beduini non
avevano mai visto. Atteso il levar del sole, attaccarono gli Ebrei
di sorpresa; questi fuggirono da ogni parte, portando con sé
le cammelle; i Beduini si impadronirono delle tende e dei cammelli
rimasti e notarono che questi avevano qualche pelo nero nei loro
pelami bianchi. Il capo beduino ordinò che fossero uccisi
perché non avevano seguito i padroni, poi inseguirono gli
Ebrei, li sconfissero e gli portarono via le cammelle. Da allora
gli Ebrei non hanno più allevato cammelli, dedicandosi
all’agricoltura e alla pastorizia ma, secondo la leggenda,
cominciarono a mettere contenitori pieni d’acqua fuori di
casa nella speranza che i loro cammelli ritornassero.
Le
leggende sono indubbiamente affascinanti, ma
malgrado la
lunga connessione con la storia d’Arabia, alcuni zoologi
ritengono che il cammello sia originario delle Americhe, anche se
resti fossili sono stati trovati anche in India, nel Kashmir e in
Algeria. Le prime incisioni su roccia di immagini di cammello
sembra risalgano alla prima Età della Pietra e sono state
scoperte vicino al confine orientale della Giordania. In una è
ritratto un cammello ad un sola gobba dietro ad un ibex (= capra di
montagna dalle lunga corna ricurve). Sembra che il cammello sia
stata originariamente addomesticato in Africa (forse nell’antico
Egitto) e che da qui sia poi passato in Arabia, in Siria, in
Fenicia, nell’attuale Iraq e via dicendo. In breve l’animale
divenne un elemento indispensabile nella vita dei Beduini. I poeti
arabi lo hanno spesso chiamato “nave del deserto” e in
effetti sembra fatto apposta per viverci, anche perché
capace di nutrirsi di arbusti spinosi che perfino le capre
ignorano.
Gli Arabi e i Beduini sono naturalmente i massimi
esperti in fatto di cammelli, che distinguono in “normali”
e “purosangue”:
Gli Arabi hanno selezionato per
secoli i loro cammelli purosangue in base alla velocità,
alla grandezza e alla forza, usando riguardi particolari ai
cammelli da guerra. Questi ultimi furono adoperati dagli Arabi
durante le loro conquiste, ottenendo importanti vittorie sui
Persiani e sui Greci. In guerra il cammello era cavalcato da due
persone: una per guidarlo e l’altra per usare le armi (lancia
o arco). Talvolta il secondo cavaliere reggeva le redini di un
cavallo di scorta che, quando si giungeva alle fasi finali della
battaglia, veniva montato direttamente dal cammello in corsa.
La
dimestichezza con la specie si rivela in mille particolari, prima
tra tutti la gestione dell’assunzione di acqua:
Durante
l’inverno il cammello può stare anche cinquanta giorni
senza bere, ma se può scegliere si abbevera ogni due giorni;
nel cuore dell’estate resiste fino a cinque giorni ma se può
lo fa quotidianamente. Quando un cammello assetato fiuta l’acqua
vi si precipita e travolge ogni cosa al suo passaggio. Molti
Beduini del deserto abbeverano i cammelli ogni tre giorni, alla
sera, e poi di nuovo alla mattina del secondo giorno successivo.
Quando un cammello rimane troppo a lungo senza bere, gli occhi gli
si riempiono di lacrime, rifiuta il cibo e incomincia a lamentarsi.
Se un cammello non riesce ad urinare, bisogna portarlo vicino
all’acqua. Quando non può bere, perde una parte della
gobba: infatti l’idrogeno in essa contenuto, mescolandosi
all’ossigeno, crea acqua. Quando tutta la gobba è
consumata, il cammello muore. Un cammello assetato può bene
fino a 80 litri d’acqua in una sola volta, a venti litri al
minuto. Spesso i Beduini cantano o pronunciano incantesimi mentre
il cammello beve, credendo così di aiutarlo … a fare
il pieno.
E’ chiaro che per le popolazioni del
deserto il cammello ha sempre rivestito – e tuttora riveste –
un ruolo fondamentale per la sopravvivenza:
I beduini si
nutrono del latte di cammella che spesso sostituisce l’acqua
nella loro dieta. Non di rado i cammelli neonati vengono uccisi (e
mangiati) e la madre viene munta ogni giorno. Se non viene ucciso
il puledro il latte viene condiviso con lui, cui spetta il prodotto
di una mammella sola. Il latte contiene più Vitamina C di
quello di mucca e dosaggi più elevati di sostanze grasse,
proteina e minerali. Benché sia possibile ottenerne, i
Beduini non fanno il burro o il formaggio dal latte di cammella. Il
cammello fornisce ai Beduini anche una grande quantità di
carne. Quando si vuole onorare un ospite di speciale riguardo, si
uccide per lui un cammello, la cui carne si cuoce nel grasso della
gobba. La carne di cammello viene anche seccata al sole, mentre il
suo cuoio viene usato per farne contenitori per l’acqua,
calzature o altro. Si utilizza anche il suo pelo, di solito quello
che cade all’inizio della primavera: talvolta le donne lo
raccolgono di nascosto e lo vendono in segreto per comprarsi
qualche gioiellino. Vengono utilizzati anche gli escrementi, come
combustibile; l’urina si utilizza in vario modo, anche
bevendola come farmaco per alcune malattie. In antico per una sposa
si doveva pagare un certo numero di cammelli in relazione alla
condizione sociale della famiglia di provenienza.
Oggi come ieri.
L’importanza attribuita
al cammello da coloro per i quali è fonte di sostentamento e
di benessere, non significa che sia sempre facile averci a che
fare:
Il cammello ama vivere e spostarsi in branchi. Se una
carovana giunge ad un fiume o a un luogo pericoloso, al pastore
basta spingerne uno ad avanzare e tutti gli altri lo seguono
prontamente, come per mantenere il contatto con il gruppo e
continuare a farne parte. Piuttosto codardo, specie con gli animali
della sua stessa taglia, è d’indole mite fuorché
nella stagione degli accoppiamenti. Le femmine vanno in calore nel
tardo autunno o all’inizio della primavera. La gravidanza
dura un anno intero. Un maschio innamorato soffia, sbava e bramisce
piegando la testa all’indietro (5); corteggia la femmina e
cerca di convincerla ad inginocchiarsi, dopo di che le si
accovaccia sopra. Una settimana dopo il pastore la conduce di nuovo
dal maschio e se lei rifiuta di inginocchiarsi viene considerata
gravida. Di solito nasce un singolo cammellino ma si sa anche di
parti gemellari. Un solo maschio basta per fecondare circa venti
femmine. Tra un parto e l’altro passano due o tre anni.
Quando è pronta di solito la femmina cerca un posto isolato
ma il pastore la riporta all’accampamento e rimane con lei,
che si inginocchia a terra. Compaiono dapprima le zampette
anteriori del vitellino, quindi la testa e la spalle. Quando il
neonato è uscito per intero, la madre lo annusa e lo lecca,
tagliando con i denti il cordone ombelicale se non si è
rotto da solo o se non ci ha pensato il pastore. Dopo un paio d’ore
il cucciolo si alza in piedi e il Beduino gli insegna a succhiare
le proprie dita intinte nel burro, quindi lo indirizza verso le
mammelle della madre. I due vengono lasciati insieme per tre mesi,
poi il piccolo viene allontanato e lo si riporta alla madre tre
volte al giorno, abituandolo nel frattempo a brucare piccole
piante. La cosa continua finché non compie un anno o un anno
e mezzo, poi viene svezzato completamente. Le femmine si affliggono
molto alla morte del loro piccolo. Quando un neonato viene ucciso,
alla madre viene talvolta offerto il piccolo di un’altra
cammella e se anch’esso muore entrambe le madri lo piangono
insieme. Il loro lutto dura una decina di giorni.
1.
Riduzione e adattamento dal Sito wikipedia. it.
2. Si tratta
insomma di un mito eziologico, che spiega cioè l’origine
di un fenomeno.
3. Introdotto nell'interno dell'Australia nel
1800 per le sue eccezionali capacità di trasporto in climi
aridi, con lo sviluppo sempre più massiccio dei trasporti
terrestri via camion ha perduto la sua importanza economica. Non
più utile, esso è stato abbandonato a se stesso e,
sfuggito al controllo dell'uomo, è rinselvatichito e vive
attualmente allo stato selvaggio, con una popolazione totale di
almeno 500.000 capi.
4. Da wikipedia. it: I Nabatei furono un
popolo di commercianti dell'Arabia antica, insediati nelle oasi del
Nord Ovest cui al tempo di Flavio Giuseppe (I sec. a. C.) fu dato
il nome di Nabatene, indicando approssimativamente l'area che
fungeva da confine fra la Siria e l’Arabia, dall'Eufrate al
Mar Rosso. La rete mercantile da essi efficacemente controllata e
gestita metteva in comunicazione il sud e il nord della Penisola
Araba e permetteva di commercializzare nell'area mediterranea
prodotti ad alta utilità provenienti dalla lontana India e
dalle regioni circonvicine.
5. Dall’articolo Camel Ballet
in the Desert di Deborah Smith, Science Editor – 2009 –
L’inverno, nei luoghi più desolati dell’Australia
è la stagione di un elaborato passo doppio del deserto, un
duetto talvolta mortale nella polvere tra due maschi in
competizione. Durante questo rituale i maschi rivali camminano
fianco a fianco, arricciano il labbro superiore, di spintonano, si
spruzzano di urina e galoppano insieme finché non gli esce
la schiuma dalla bocca. La posta in gioco è il controllo su
un branco di una trentina di cammelle e dei loro figli.
L’impegnativa gara dura tutto il giorno, occasionalmente
arrivando al combattimento vero e proprio, morsi compresi, e può
continuare per settimane, fino a che uno dei maschi ammette la
sconfitta e abbandona. Spesso accade che i maschi si indeboliscano
al punto di morire. In natura, i maschi troppo giovani o non
abbastanza forti per sfidare gli altri vivono in gruppi di scapoli,
mentre quelli sconfitti e anziani sono destinati a una vita di
solitario vagabondaggio.
SACRI ANIMALI - CAMMELLI E
DROMEDARI (seconda parte)