Riconoscere la Palestina
Il 28 maggio Irlanda, Norvegia e Spagna hanno ufficialmente
riconosciuto lo stato di Palestina, suscitando forti proteste da
Israele. Secondo l’Autorità nazionale palestinese (Anp) il numero dei
paesi che riconoscono la Palestina come stato indipendente è arrivato a
146, ovvero il 75 per cento dei 193 stati che fanno parte delle Nazioni
Unite.
Sono per lo più paesi del sud e dell’est del mondo e per il momento
nessuno di questi rientra nel G20. La Svezia, che ha riconosciuto la
Palestina nel 2014, è l’unico ad averlo fatto dopo aver aderito
all’Unione europea. Altri – Cipro, Bulgaria, Ungheria, Polonia,
Romania, Slovacchia – l’hanno fatto nel 1988, quindi prima del loro
ingresso, quando Yasser Arafat, allora presidente del comitato
esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp),
proclamò lo stato di Palestina su un territorio che comprendeva la
Striscia di Gaza e la Cisgiordania, con Gerusalemme Est come capitale.
Fuori dell’Unione anche l’Islanda e il Vaticano hanno riconosciuto la
Palestina. Belgio, Malta e Slovenia potrebbero farlo a breve. Nel 2024
i paesi che hanno preso la decisione sono stati Bahamas, Trinidad e
Tobago, Giamaica e Barbados.
Gli Stati Uniti e altri paesi occidentali (oltre a quelli che fanno
parte dell’Unione europea, il Canada, la Corea del Sud, il Giappone,
l’Australia e la Nuova Zelanda) non riconoscono lo stato di Palestina,
ma intrattengono comunque relazioni ufficiali con l’Anp a Ramallah,
accettata anche dal governo israeliano come rappresentante legittima
del popolo palestinese nell’ambito degli accordi di Oslo del 1993.
Nel novembre del 2012 la Palestina è stata ammessa come stato
osservatore non membro delle Nazioni Unite. Questo status le conferisce
il diritto di assistere alla maggior parte delle riunioni e di
consultarne i documenti, ma non di votare né di proporre risoluzioni.
All’inizio di maggio l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato una
risoluzione che riconosce la Palestina come qualificata a diventare
membro a pieno titolo dell’organizzazione.
Paesi dell’Onu che hanno riconosciuto lo stato palestinese. Fonte: Le Monde
Il riconoscimento della Palestina ha un valore principalmente
simbolico. Si tratta di una decisione innanzitutto politica, che ha
poche conseguenze pratiche sulla vita delle persone, ma ha l’effetto di
rafforzare la posizione internazionale della Palestina e aumentare la
pressione su Israele per mettere fine all’offensiva nella Striscia di
Gaza. Secondo molti osservatori, inoltre, il riconoscimento dello stato
palestinese resta una tappa indispensabile per costruire un futuro di
pace in Medio Oriente.
Ma solo una decisione in questo senso di un paese con il peso
diplomatico degli Stati Uniti, incrollabile alleato d’Israele, potrebbe
avere effetti diplomatici più dirompenti. In un’opinione pubblicata a
dicembre sul New York Times, R. David Harden, ex consulente
dell’inviato speciale per la pace in Medio Oriente di Barack Obama, e
Larry Garber, direttore della missione in Cisgiordania e Gaza
dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid),
sostengono che è arrivato il momento per Washington di riconoscere lo
stato di Palestina.
Secondo loro ne deriverebbero quattro vantaggi principali. Innanzitutto
la decisione dimostrerebbe ai palestinesi che gli Stati Uniti non
parlano solo di pace, ma stanno finalmente facendo qualcosa. In secondo
luogo “invaliderebbe le ambizioni di Hamas di stabilire uno stato
islamico ‘dal fiume al mare’”. Terzo, manderebbe “un forte messaggio di
ripudio dell’amministrazione di Netanyahu, che ha fatto tutto il
possibile per sminuire l’Anp, ha distolto lo sguardo dalla violenza dei
coloni e ha danneggiato le prospettive di una soluzione dei due stati”.
Infine il presidente Joe Biden ne beneficerebbe anche sul piano
interno, rafforzando il sostegno della sua base politica in vista delle
elezioni di novembre.
I due autori riconoscono che la pace in Medio Oriente non sarebbe
ottenuta in modo automatico e che entrambe le parti dovrebbero ancora
negoziare su molte questioni come le frontiere, la sicurezza, i
rifugiati, lo status di Gerusalemme, le risorse e le future relazioni
economiche. Ma il riconoscimento della Palestina da parte degli Stati
Uniti sarebbe un grande passo avanti “nella costruzione di un futuro in
cui i due popoli possono vivere insieme in pace”.
[Analisi pubblicata su Haaretz dopo l’annuncio di Spagna, Irlanda e
Norvegia. Fonte: Internazionale. Nell'immagine i Paesi dell’Onu che dal
1988 in poi hanno riconosciuto lo stato palestinese. Fonte: Le Monde]
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Mosca:" La NATO sta preparando un attacco preventivo nucleare." OK ai missili NATO per colpire in territorio russo.
«La NATO starebbe pianificando attacchi nucleari contro la Russia».
Questa l'ultima accusa degli uomini di Putin, arrivata tramite il capo
dell'intelligence dell'FSB mentre la tensione tra il Cremlino e
l'alleanza continua a crescere. Una denuncia forte, pronunciata dal
generale Vladimir Kulishov all'agenzia di stampa statale RIA Novosti e
riportata da "Newsweek", che non fa che accrescere la situazione già
delicata tra Mosca e i Paesi della NATO. «Le attività di intelligence
della NATO stanno aumentando vicino al confine russo», ha detto il
generale all'agenzia, così come «l'intensità dell'addestramento
operativo e di combattimento delle truppe dell'alleanza. Si stanno
elaborando scenari per condurre ostilità contro la Federazione Russa,
compresi attacchi nucleari sul nostro territorio».
Un'accusa, quella di Kulishov, che arriva dopo settimane di «minacce
provenienti dall'Occidente». O almeno, secondo Putin. Da circa un mese,
il presidente russo si sta infatti "preparando" a rispondere a questi
attacchi, ordinando ai suoi militari di esercitarsi nello schieramento
di armi nucleari tattiche. Dal conflitto con l'Ucraina, la guerra si
sta estendendo, diventando un vera e propria questione tra Mosca e
l'Occidente.
Occidente che con l'adesione di Svezia e Finlandia ha accresciuto la
potenza della NATO, consolidando anche la zona del Mar Baltico,
definito ora "lago NATO". Nonostante le provocazioni di Putin, i Paesi
del Nord-Est dell'Europa hanno infatti reagito rafforzando le proprie
difese con droni. Nel frattempo, l'Ucraina ha dato via libera
all'arrivo di istruttori militari francesi sul suo territorio. La
decisione dopo un incontro in videocollegamento tra i ministri della
Difesa Umerov e Lecornu.
Intanto dure critiche sono arrivate anche aI segretario generale della
Nato Jens Stoltenberg da parte del governo russo. Il ministro
degli Esteri Serghei Lavrov ha detto che «ha oltrepassato i suoi
poteri» parlando dell'uso dei missili forniti dai Paesi Nato per
colpire il territorio russo, mentre il portavoce del Cremlino, Dmitri
Peskov, ha sottolineato che le parole del suo segretario dimostrano che
la Nato è direttamente coinvolta nel conflitto in Ucraina, e sta
aumentando il livello dell'escalation. «La Nato sta flirtando con
la retorica militare e cadendo in un'estasi militare», ha detto Dmitry
Peskov, aggiungendo che «le nostre forze armate sanno cosa fare, e
continuano l'operazione militare speciale per prevenire tutte le
minacce». Ed e' di oggi la notizia che Francia e Germania e a breve
anche Biden, toglieranno il veto per sparare missili occidentali in
obiettivi nel territorio russo. La linea rossa di Putin.
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Biden: "punire la Cina per aver fornito tecnologie a Mosca".
Nel 2022 quando gli USA chiedevano insistentemente alla Cina di
schierarsi contro la Russia, Xi Jinping rispose citando un proverbio
cinese: “Chi ha messo il sonaglio al collo della tigre ha il compito di
toglierlo.”
Il conflitto in Ucraina è stato provocato da USA/UK/NATO che volevano
mettere le mani sulle risorse ucraine e “contenere la Russia”. E così
hanno organizzato il colpo di stato del 2014 dal quale è poi nata la
secessione della Crimea, il conflitto aperto in Dombas, etc. Sotto un
link con una buona ricostruzione di Robert Parry, leggenda del
giornalismo USA. Ora è inutile incolpare la Cina di tutelare i propri
interessi.
Quando una battaglia è persa, conviene negoziare, chiuderla,
possibilmente ripristinare buone relazioni e usare le risorse per
prepararsi alle prossime sfide economiche, sociali e di civiltà che ci
attendono. “[…]Il sottosegretario di Stato per gli affari europei
“Toria” Nuland è stata la “mente” dietro il “cambio di regime” del 22
febbraio 2014 in Ucraina, pianificando il rovesciamento del governo
democraticamente eletto del presidente Viktor Yanukovich e convincendo
al tempo stesso il sempre ingenuo mainstream statunitense media che il
colpo di stato non è stato realmente un colpo di stato ma una vittoria
della “democrazia”. […]” - Robert Parry - The Ukraine Mess That Nuland
Made
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Esprimere un'opinione dissonante in Europa, oramai, è terrorismo o
istigazione a delinquere. Quando si dice che allo Stato non piace, si
rischia il carcere o la deportazione.
In Francia, punta di diamante della rinnovata offensiva liberticida
statale, dilagante contro chi protesta in solidarietà a Gaza è
l'utilizzo del reato di "apologia del terrorismo", che trae le sue
origini nel reato di stampa che permise di reprimere il movimento
anarchico alla fine del XIX secolo. Venendo all'oggi, in Italy i
redattori di alcune pubblicazioni anarchiche, Vetriolo e Bezmotivny
sono sottoposti a procedimenti giudiziari in quanto accusati di
responsabilità nella realizzazione di alcune azioni contro strutture e
figure dello Stato e del capitale, perché queste azioni si sarebbero
sviluppate sulla base dei "principi orientativi" esposti in alcuni
articoli, quindi traendo slancio dalla "capacità istigatoria" delle
pubblicazioni stesse. In particolare dopo il 7 ottobre il reato di
opinione si è esteso in Europa ben al di là della stampa anarchica, nei
confronti di chiunque minacci di inceppare la mobilitazione bellica
generale, anche a basse soglie di conflittualità reale. Rispetto alla
convenienza degli strumenti amministrativi per reprimere, a cambiare
sono i documenti che si hanno in tasca, con ciò che si è verificato ad
Atene, dove martedì scorso oltre 200 sgherri hanno attaccato e
sgomberato la facoltà di giurisprudenza dove gli universitari avevano
piazzato le tende in solidarietà con Gaza. Dopo aver manganellato per
bene diversi studenti gli sbirri di Mitsotakis hanno portato 28 ragazzi
nella questura centrale, dove è stata rispolverata una legge dei
colonnelli che punisce chiunque si rifiuti di dare le impronte
digitali. Gli studenti con documenti greci sono stati rilasciati mentre
nove cittadini europei, tra cui due con documenti italiani, sono stati
rinchiusi nel centro di detenzione amministrativa di Amygdaleza per
essere deportati.
Emblematico in Italia il caso di Seif, finito nel cpr di Ponte Galeria.
Rifugiato politico dal 2013, per oltre nove anni ha lavorato in un
liceo privato di Roma, il cagoso Chateaubriand, come educatore. Giusto
qualche commento di rabbia sulle devastazioni a Gaza et.. voilà.
La notizia è arrivata agli organi amministrativi del liceo francese,
tramite loro all'ambasciata francese e dunque allo stato italico che
vuole espellerlo dall'Italia revocandogli lo status di rifugiato sulla
base dell' art.604 bis del c.p.
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Gli interessi italici in Mozambico:
l'ENI
by Re Common
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