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Riccardo Sabbadini alias Ricc Sabba P R E S S Cosa hanno scritto dei miei lavori ........................................ Apertura Ricc Sabba |
Piero Berengo Gardin Calvino e Calvino Certamente dov’è impossibile, ormai, definire una logica e accettare il reale. Ma non s’era detto che la fotografia era un’altra cosa, rispettosa e garante del nostro sguardo ubiquamente inquieto? Un tempo forse sì, quando luce e veleno autenticavano i tratti di un volto e la città non era un’insostenibile pesantezza dell’essere, invasa dalle ombre del disagio urbano, ma disegno di un ideale concerto di futuro, di ordine e di simmetria rinascimentali. Oggi, l’uomo immagine opera in un opificio di pietre dure le cui icone sono scomposte in infiniti frammenti, intarsiate da effetti speciali, disturbate da continue interferenze, discusse da verifiche incerte, sfuocate da impronte evanescenti. Sono i sudari del nuovo millennio, sindoni pagane di corpi spezzati, parti separate di esseri dimezzati, figure senza corpo di cavalieri inesistenti. Calvino e Calvino, dunque. Ricerca filosofica di rigorosa etica civile e il grottesco di apologie fantascientifiche, di memorie umanistiche e di ironici artifici. Ad essi non sfuggono onore e ambizione dell’autore nel farsi traghettare, come devoto viaggiatore, da colui che a molti di noi ha indicato una strada da percorrere tra colpi di pistola ed enigmatici sguardi. In fondo, non siamo neppure opachi. La luce, e non solo, ci trafigge. | Marisa Ombra 30 maggio 2005 - Roma ...................................................... Caro Riccardo, non saprei fare un commento. Posso dire l'effetto che quella cosa mi ha fatto. Punto primo: cos'è? Un catalogo? Non direi. Un libro fotografico? Si, no. Una meditazione geo - socio - politica sul mondo (quella povera rosetta bruciacchiata) che comprende cenni storici, culture e tradizioni, qui e là richiami antropologici? Così lo leggo io. Soprattutto è un'idea. Un'idea curiosa, divertente, seria. Mi piace. E sempre vero che un pezzetto di quotidiano dice tante cose sul mondo. Mi piace l'ironia che c'è anche nel modo di fotografare. Mi piace specialmente la bomba. La mangiavo da bambina, per merenda. L'ho vista cadere su Torino. Complimenti, veramente. Affettuosamente, Marisa. |
Piero Berengo Gardin ....................................................... Fame? |
Dario Evola ....................................................... L’immagine è qui, ma l’ombra è altrove! |
Dario Evola Per Riccardo Sabbadini Ci sono nature morte… di noia, e nature che… fanno morire di terrore!! La storia della pittura moderna in Occidente ha ingaggiato un lungo combattimento con la fotografia, fin dal costituirsi della nuova possibilità di ottenere una immagine di tipo nuovo, senza più la mano. La fotografia ha giocato alla pittura una serie di tranelli, fino a fare perdere alla vecchia signora lo statuto di unica depositaria della verità dell’immagine. La nuova immagine meccanica ha iniziato un lungo percorso che ha movimentato e riarticolato lo sguardo nella “rotativa per immagini” della pellicola cinematografica, e poi nel movimento reso possibile dai linguaggi digitali. Ma, a dire il vero, se andiamo a cercare un po’ indietro troviamo già nelle regole della pittura qualche strana devianza. Ad esempio dalla invenzione di Gutenberg, la stampa pone l’immagine su un piano orizzontale e, nel gran gioco barocco, troviamo le anamorfosi, una sorta di antenate delle installazioni, pitture, figure, che costringevano, per rivelarsi allo sguardo dello spettatore, a prendere una posizione, a compiere un movimento di spostamento, per ricercare e trovare non un punto di vista qualsiasi, ma quel punto di vista che permette l’improvviso disvelamento della verità dell’immagine. L’artificio “apre” la visione e mostra l’inganno ottico prospettico che tutti pensiamo come scontata visione “naturale”. L’occhio fotografico è estensione e articolazione dello sguardo. Il fotografo articola una grammatica della visione che, a sua volta, deve essere declinata dallo sguardo dello spettatore se questi vuole veramente “vedere” qualcosa! Riccardo Sabbadini apre ad un gioco divertito, ironico, ma essenzialmente etico, l’occhio dello spettatore e il suo stesso equilibrio. Le immagini fotografiche di Sabbadini giocano con l’inventio barocca, articolano le fotografie tra le pieghe del senso e dello sguardo. Ci troviamo di fronte ad immagini prodotte dalla macchina, anzi dal medium digitale che nel suo caleidoscopio ”piega”, gira e fa compiere impossibili torsioni alla vecchia immagine prospettica frontale, verticale. Al rigore della macchina, sopraggiunge come una sorpresa, come un lapsus, il gioco dell’artista, il gesto pittorico. Come in Magritte il sonno dello spettatore è destato e spiazzato fra l’immagine “rappresentata” e l’indicazione di un imprevisto indice deviante. Riccardo Sabbadini invita lo spettatore ad entrare nel gioco creativo del senso, considerando l’immagine non l’immagine di qualche cosa, ma un possibile luogo di costruzione di azione. In fondo vedere è un atto, e l’artista è sempre quello che sposta le insegne! | Piero Berengo Gardin Roma, marzo 2008 Diversi per dimensione Luce
e veleno, amplesso primordiale consumato per mettere al mondo in una
lastra di rame un altro mondo fatto di figure illusorie, hanno lasciato
in eredità il forte dubbio che ciò che si vede non sia poi come si
pensa che sia. Alla fine, la realtà sarebbe invece un’altra cosa, una
specie di figura immaginaria ottenuta con la costruzione di abili
meccanismi descrittivi. Il risultato è un artificio fatto di infinite,
possibili combinazioni volte alla definizione di una scrittura visiva
di eterogenea articolazione e composta di molteplici, instabili
varianti. Fuori del campo della fotochimica, stiamo per essere
proiettati nelle dimensioni della geometria tradizionale che con regole
matematiche, come è noto, studia le relazioni spaziali e le forme dei
corpi. Il digitale è visione fredda, strumentale e apatica. Se non ha
incastri precostituiti, consente tuttavia la massima libertà possibile
di interazione fra infiniti frammenti di realtà comunque riconducibili
a singole unità espressive, scelte secondo visioni interiori del tutto
personali. Il reale è così un dato talvolta assiomatico, cioè non
dimostrabile secondo un certo numero di leggi e perciò persino
illeggibile e traumatico, ben oltre quelli che sono i confini
tradizionali euclidei. Ecco perché ciò che vediamo da spettatori, al di
là dello specchio della nostra psiche, è un universo distorto e
deformato, sono forme architettoniche di una città distrofica e spesso
illeggibile, scomposta nei suoi sintagmi originali, negazione di un
modello accademico consacrato e avviato, già da tempo, a una
progressiva, implacabile de-costruzione. E’ ciò che si deduce da quanto
affermano in proposito, tra gli altri, Peter Eisenmann e Frank O’Gehry,
due architetti che hanno sovvertito in anni recenti l’ordine della
geometria consolidata sfidando i concetti di dritto e di rovescio,
discutendo sulla linea orizzontale mentre quella verticale non ce la
fa’ più a stare in piedi da sola e si comprime, si affloscia e
torcendosi come un organismo offeso nelle proprie viscere, sembra
addirittura crollare sotto i colpi inferti a un file aggredito dalle
turbolenze di effetti speciali. Ammettiamo, dunque, che il nostro
sguardo è radicalmente cambiato e sta per abbandonare le antiche
certezze di forme acquisite e ampiamente collaudate. E c’è chi aggiunge
anche che è così che si cresce e in questa differenza si diventa adulti. | Cristina Guerra - Art&trA - Bimestrale, luglio agosto 2008 | Galerie Gondwana präsentiert Arbeiten von Ricc Sabba. ........................................................................... Nach der erfolgreichen Ausstellung in der Kunstkammer Friedenau, die noch bis zum kommenden Sonntag, dem 9. September andauert, werden weitere Werke des italienischen Künstlers Riccardo Sabbadini in der Galerie Gondwana in der Merseburger Straße 14 in Berlin- Schöneberg zu erleben sein. „Eintauchen in 'n' Dimensionen nennt der gebürtige und in Rom wirkende Künstler diese Präsentation. – Das Thema der Figur im Raum mit ihren Bewegungen und den damit verbundenen Wechseln von Räumen mit ihren unterschiedlichen Lichteffekten und unsichtbaren oder sichtbaren, meist aber spürbaren Begrenzungen, beschäftigt Ricc Sabba schon sehr lange. Ursprünglich ausgehend von der historischen Fotografie, die ihm zu enge Grenzen für seine künstlerischen Ambitionen setzte, begab er sich auf den Weg, fing mit dem Verwandeln von Fotos zu phantasievollen Collagen an und macht sich dann mehr und mehr die Möglichkeiten der digitalen und Computertechnik zu eigen. Durch das Überschreiten technischer Grenzen und das Verbinden mehrerer Techniken mit seinen eigenen Bildphantasien entstehen neue visuelle Erlebniswelten und –möglichkeiten. Ricc Sabba spielt nicht nur mit den Techniken sondern auch mit den Sehgewohnheiten der Menschen. Neben den Rayografien erfreuen vor allem die erfrischenden Werke der Lichtgrafik. Durch das künstlerische Arbeiten mit dieser Technik entstehen anmutige Bilder, in denen traditionelle Bildgegenstände, wie sie beispielsweise in holländischen Früchtestilleben des 17. Jahrhunderts vorkommen, und die Effekte der uralten Glas- und Hinterglasmalerei ganz neu und zeitgemäß zum Tragen kommen. „Cinquencento“ zeigt noch deutlicher, wie der Künstler Zeitgenössisches und Historisches spielerisch verbindet. Eine ganze Reihe ornamental wirkender Arbeiten erweitert die Schau um poetische Effekte. Das mehrschichtige Hinterlegen von Farbflächen und –formen bringt 'n' Dimensionen für das Erleben von Farben mit sich, die das Auge magisch festhalten. Weitere Arbeiten liegen in Buchmappen aus, mit denen der Künstler die Ausstellung auch textlich begleitet. Sibylle Schulz, Mamerow, 7.9.2012 |